Per etica, umanità e razionalità, la caccia, quella umana atavica attività, che ha per scopo la ricerca, l’inseguimento e la cattura di un essere vivente del regno animale per farne cibo; deve avere come regola imprescindibile il rispetto della preda.
Il dovere di ogni cacciatore è tutelarne la dignità, ed essere certo che la sua necessaria soppressione avvenga in modo istantaneo o quantomeno rapido e poco e per nulla doloroso.
Solo in questo modo, la coscienza dell’uomo cacciatore vero, sensibile e capace, potrà essere in pace con se stessa.
L'arresto e il decesso di un essere vivente, abbattuto a caccia, sono fenomeni abbastanza conosciuti dalla scienza medica, assai meno dai cacciatori privi di basi conoscitive sulla fisiologia.
Questi due passaggi, singolarmente o sequenzialmente avvengono per il trauma creato dalla ferita, un danno fisico all’organismo che porta alla cessazione della vita.
Che cosa avviene esattamente?
La cessazione della vita non arriva per un foro, un taglio o una lacerazione, questi danni pur se gravi e profondi non causano la morte, semmai concorrono a causarla, ma questa avviene se si arresta la circolazione sanguigna, la respirazione e di seguito l’attività corticale cerebrale.
Da questa regola non si scappa e non ci sono "se o ma", l’animale colpito è chiaro che non muore “per la fucilata” in senso generico, la causa sono i danni e gli effetti che essa ha creato al suo organismo.
I danni diretti ed indiretti a carico della parte anatomica attinta dal vettore balistico e i loro effetti, hanno tempi diversi in base alla loro localizzazione, quando ad esempio il Sistema Nervoso Centrale è coinvolto dal trauma, i tempi di arresto e morte sono brevi o quasi istantanei; i danni che causano emorragie e fratture possono avere effetto lento, ovvero il tempo necessario a far mancare irrorazione al cervello o quasi istantaneo se correlato si ha un effetto di shock neurogeno.
L’organismo ha una reazione di emergenza a queste situazioni; all'effetto delle ferite e del loro meccanismo di inibizione dell'attività corticale, si oppone infatti un sistema di soccorso efficace, che cerca di sopportare il danno grave ed evitare lo shock e la morte.
Questo sistema quando perfettamente attivo mostra a volte reazioni incredibili, prede che pur ben colpite, non cadono o cadono/incespicano per rialzarsi prontamente, non di rado finendo per allontanarsi anche di molti metri dall’anschuss. Questo sistema non è altro che l’effetto di potenti ormoni anti-shock, che condizionano molteplici reazioni fisiologiche.
L’adrenalina, il principale responsabile, viene secreta dalle surrenali nel torrente ematico, quando il soggetto percepisce stress e pericolo, anche dolore.
L’adrenalina causa una serie di effetti pronti ed accentuati sul comportamento e sulla risposta fisiologica, in primis determina vasocostrizione su tutto il sistema circolatorio, mantenendo elevata la pressione sanguigna quindi il flusso.
Per opporsi allo shock potenzialmente imminente, lo stesso ormone condiziona la ricezione encefalica dei messaggi, diminuisce la conduttività di alcune vie di ricettività sensoriale, quindi prepara la cortex a ricevere in un numero ancora gestibile di segnali di danno, dolore, lesione, frattura, ecc. rendendo assai meno probabile l’insorgere dello shock.
A livello circolatorio l’induzione di una potente vasocostrizione dà probabilmente un effetto
fluidopressorio attivo, che spinge il sangue nei vasi quasi come una pompa vascolare, ne fa continuare un afflusso temporaneo al cervello anche se e quando il cuore, la pompa primaria, è stato colpito e lesionato gravemente oppure ha già cessato di funzionare.
Si tratta di un effetto piuttosto breve ma non trascurabile, perchè "riesce a far vivere e reagire" il cervello di un soggetto praticamente già morto ancora per alcuni secondi e se questo è passivamente in fuga, questo tempo equivale consentire di percorrere decine e decine di metri prima di cadere, se il ferito è attivo nella difesa, fronteggia la situazione con una reazione fisica.
Quasi certamente entrano in circolo con l’adrenalina anche corticosteroidi endogeni: questi riducono la ricettività e sensibilità, similmente rafforzano la corteccia cerebrale al sopportare pesanti segnali sensoriali periferici del SNP, questi ormoni inoltre potenziano o migliorano la risposta dell’organismo al trauma, di fatto riducono moltissimo la possibilità di shock, indotto dalla lesione balistica grave.
Questa protezione passiva pur importantissima non è però invincibile, ne hanno facilmente ragione alcuni effetti; una stimolazione effettivamente molto forte che distrugga ed interessi contemporaneamente (impatti multipli) le terminazioni sensoriali di una zona anatomica importante e molto ampia o che porti magari ad un riflesso vagale imponente, oppure un trauma diretto al Sistema Nervoso Centrale, quindi una lesione capace di causare un complesso forte di segnali diretto, in grado di sopraffare la barriera di protezione.
Questo avviene se il proiettile attinge direttamente cervello, cervelletto o cordone midollare spinale.
I gas creati dalla polvere spingono ed accelerano la massa del proiettile, che in breve raggiunge una elevata velocità iniziale e si anima di una certa energia cinetica, la palla diventa un vero e proprio “vettore balistico” finchè arriva sul bersaglio.
Il proiettile veicola e porta l’energia sul bersaglio, infatti attingendo la preda, determina una sequenza di effetti fisici e meccanici localizzati; a contatto con la pelle, la comprime e crea una fortissima pressione su una sezione modesta di questa cui segue una introflessione conica.
La pelle spinta si tende al massimo e crea un imbuto che entra gradualmente dalla superficie nel corpo della preda causando una reazione di opposizione sui tessuti incontrati.
Il connettivo sottocutaneo e i muscoli si spostano e le ossa superficiali si spezzano oppure vengono frammentate, mentre la palla avanza tra essi e vinta l’elasticità passiva della cotenna ormai tesissima, la sfonda ed attraversa e ne fa cessare la introflessione elastica.
La forte tensione ne ha assottigliato lo spessore all’apice, la palla proprio qui la perfora e cessa la tensione, i tessuti ritornano a compattarsi elasticamente, ed il foro di ingresso creato in essa diventa piccolo piccolo, quasi invisibile.
La palla valicata l’epidermide crea un primo trauma emorragico proprio su questa infatti la tensione rompe i vasi capillari della zona concentrica al foro di ingresso, questo alone emorragico è tanto maggiore quanto maggiore e violenta è stata la tensione all’entrata del proiettile.
Il proiettile appena entrato tra i tessuti connettivi e muscolari, ricchi di liquidi, in base alla sua durezza e struttura, vede iniziare una più o meno evidente deformazione apicale, se la palla è fragile e con mantello sottile o preintagliato, c’è una frammentazione di questa parte del proiettile.
La deformazione inizia dall’apice (escluse le palle solide, monolitiche e FMJ), poi segue una espansione radiale del piombo ed un graduale ribaltamento a dito di guanto del mantello.
In questa violenta e rapida deformazione, il nucleo in piombo mentre si sguscia e deforma dalla sua punta, perde molte particole e lo stesso avviene per la parte deformata ed accartocciata del mantello, solitamente molto sottile ed esile in questa posizione.
Palle con piombo tenero nel tratto apicale esposto, puntali di plastica o metallo e mantello assottigliato o preinciso servono per anticipare, favorire ed incentivare questa deformazione e frammentazione iniziale, che è molto importante nel fenomeno di shock e incapacitazione della preda, per il grande numero di lesioni secondarie create dai frammenti.
Palle con nucleo saldato al mantello (bonded) hanno una riduzione di effetto de formativo e frammentativo in questa prima fase che si limita a creare solo l’affungamento controllato e non eccessivo del segmento anteriore del proiettile.
La palla modificata strutturalmente a “fungo” ma senza perdita eccessiva di schegge, migliora chiaramente la ritenzione di massa e la sua penetrazione diventa più profonda ed adatta a ledere organi molto profondi e interni di animali pesanti e corpulenti.
La palla in entrambi i casi avanza nel tramite e il suo rallentamento/espansione dà luogo alla rapida e massiva cessione dinamica dell’energia che possiede.
Essa arriva al culmine tanto più rapidamente quanto più in fretta (in termini di frazioni centesimali di secondo) si deforma, frammenta ed affunga la palla, quindi quanto maggiore è la sua superficie frontale.
Il fronte della energia ceduta e dissipata intanto avanza dilatando il tramite intracorporeo; questa energia si espande ad ampolla generando elasticamente una cavità temporanea ampia intorno al vettore balistico, in cui la pressione interna notevolissima veicolata dai liquidi, dal sangue e dai frammenti tissutali istologici e quelli del proiettile, crea altre lesioni.
Fonte: Incredible Super Slow Motion Bullet Impact! - M855A1 - The Wound Channel
Terminata la cessione violenta dell’energia la cavità si ritira e si riduce lasciandone una minore definita “permanente”.
Il fronte dinamico avanza radialmente sui tessuti circostanti con una velocità poco inferiore a quella della palla stessa.
I frammenti metallici irregolari e taglienti, staccatosi dalla palla, si irradiano a 360 gradi recidendo e distruggendo tessuti, vasi sanguigni e interessando i nervi, aumentando la dimensione dell’ampolla; in questo momento energia e lesioni dirette ed indirette causate dall’espansione dell’onda dinamica, interessano i recettori sensoriali, che iniziano ad inviare molti segnali di lesione alla corteccia cerebrale.
L’onda dell’energia in dissipazione crea una trasmissione sempre più ampia.
Questo effetto dissipativo sugli animali genera molto spesso il noto shock così detto “idrodinamico”.
La palla ormai penetrata più o meno a fondo, in base alla resistenza dei tessuti trafitti, inizia a perdere velocità ed energia, la cessione dell’energia si riduce ed il tramite diminuisce di diametro in modo direttamente proporzionale a questa diminuzione.
Il proiettile durante il passaggio nel tramite non è detto rimanga in traiettoria rettilinea, anzi spesso si ribalta e ruota su se stesso; i ribaltamenti (effetto tumbling) vedono la palla avanzare di punta e di piatto alternativamente, se di piatto la palla denota una superficie frontale maggiore che si oppone all’avanzamento, pertanto farà scaricare in quei tratti maggior energia.
La palla può esaurire la sua velocità ed arrestarsi tra i tessuti, oppure mantenerne a sufficienza per trapassare il corpo e giungere a contatto della cute che si trova alla parte opposta.
Abbiamo in questo momento varie possibilità di epilogo della balistica terminale del caso.
Se la palla è ancora animata da elevatissima energia, essa trapassato il corpo spingerà sulla pelle, stavolta determinandone una estroflessione conica, la assottiglierà e vinta nuovamente la sua resistenza elastica passiva, la trapasserà uscendo. Con invece una energia residua modesta una palla può creare due casi distinti a seconda della sua forma e struttura finale.
Se la corona della palla espansa è molto arrotondata apicalmente e priva di tratti taglienti allora può arrivare a far estendere la pelle ma senza perforarla/tagliarla e dopo il ritorno elastico di questa, rimanere incapsulata sotto di essa a ridosso del muscolo o connettivo, caso molto comune e visto centinaia di volte, ma tipicamente frainteso come se la palla fosse arrivata nel sottocute esaurendo lì la sua corsa, per caso.
Con energia residua modesta, ma protuberanze acuminate e molto taglienti ai margini della corona, la palla che è ancora in rotazione sull’asse (migliaia di giri), può tendere la pelle e poi tagliarla uscendo, creando una secondo foro e quindi una maggiore emorragia.
Come considerazioni generali, intuibile che un limite agli effetti balistici, si incontra con gli animali molto grandi; più la corporatura dell’animale sarà ampia e maggiore la sua massa carnea, più sarà difficile creare una ferita importante a sufficienza per generare lo shock.
La palla ed il suo effetto saranno di fatto sproporzionati alla massa del corpo della preda.
Cambia in questo caso la strategia di attacco e diventa necessario colpire con precisione solo pochissimi punti vitali di primaria importanza per creare un danno tale da causare la caduta/arresto sul posto della preda.
In questo caso lo shock e l’arresto istantaneo avvengono quasi sempre soltanto se l’impatto lede direttamente il cervello o il canale midollare, oppure se attraversa organi primari come cuore e polmoni o zone molto vascolarizzate creando una rapidissima ed ampia emorragia interna. Questo è il caso dei grandi animali africani a pelle spessa e dura.
In questi casi l’azione balistica cambia completamente il suo obbiettivo; le palle cambiano radicalmente il loro lavoro cercando tramiti profondi e rettilinei che le portino direttamente sull’organo bersaglio.
Tali organi sono protetti e situati molto in profondità nel corpo della preda, spesso protetti da barriere fisiologiche tenacissime, come cotenne di grande spessore e tenuta oppure ossa imponenti.
Da qui viene il motivo che porta sui pachidermi e sui bufali ad usare palle totalmente blindate da una spessa mantellatura apicale ottone o in ferro dolce oppure monolitiche solide in bronzo di fatto non deformabili e con uno speciale profilo apicale arrotondato e chiuso da una piccola zona piatta (Meplat) che migliora l’angolo di attacco anche con traiettorie inclinate.
Entrambe queste tipologie sono state studiate per avere la massima penetrazione e soprattutto una traiettoria tassativamente rettilinea nel tramite intracorporeo.
In proposito è utile considerare e capire subito l’importanza vitale ed imprescindibile di un tramite che sia il più rettilineo possibile nella caccia agli animali africani e/o di grande mole.
Se spariamo ad un daino, cinghiale o capriolo o a un cinghialetto e la nostra palla attinge con precisione il punto mirato, dopo l’ingresso essa avrà un tragitto piuttosto corto, pochi centimetri, una decina al massimo, per giungere all’organo vitale mirato.
In buona sostanza non ci potranno essere effetti capaci di causare deviazioni tali da essere controproducenti ai fini della traiettoria “intra corpore” della palla.
Se invece spariamo ad un elefante o bufalo cafro, la palla dalla pelle può dover attraversare decine di centimetri di pesanti tessuti di copertura, muscoli e osso, prima di attingere l’organo mirato (cuore o cervello).
In questo lungo tragitto la palla che si deforma o frammenta andrà contro ad una quasi certa deviazione laterale della sua traiettoria originaria, in breve un colpo pur ben sparato e indirizzato potrebbe deviare vistosamente in questo lungo tramite “dentro al corpo della preda” e deviando di alcune manciate di centimetri, arrivare a mancare il bersaglio, cuore o cervello, passandogli a fianco, sopra o sotto o toccandolo solo marginalmente.
Nel caso specifico un colpo pur ben sparato causerebbe un banale ferimento, per una scivolata interna sui diversi tessuti, che lo devierà fuori bersaglio vitale.
Queste palle dall’ingresso nella pelle, tracciano una canale intracorporeo perfettamente dritto, non deviano, non si ribaltano nel tramite (salvo rari casi) e colpiscono l’organo obbiettivo, anche dopo 30/40 cm di penetrazione tra i tessuti, facendo perfettamente il loro lavoro balistico.