Nel contesto della caccia moderna, la tendenza è soprattutto il passaggio a limitare l’impatto sull’ambiente inteso come inquinamento, la borra in plastica, elemento che rimane sul suolo naturale per decenni, è uno dei primi elementi contestati, a cui le aziende stanno cercando di provvedere.
Vediamo come ha risposto a questa esigenza la Baschieri & Pellagri, tramite un’intervista che ho avuto il piacere di svolgere insieme a Marco Manfredi, responsabile R&D Baschieri & Pellagri.
Marco, la politica europea, come sappiamo da alcuni anni è tesa soprattutto a discutere dell’inquinamento ambientale, e tra le innumerevoli cause di questo processo sono menzionate anche le attività che riguardano il nostro settore. Questo ha portato le aziende che sviluppano e producono munizioni ed i relativi componenti ad essere attente e soprattutto a prendere dei provvedimenti per adeguarsi al cambiamento.
Gianluca, sì come B&P siamo sempre stati attenti e sensibili ai trend globali, non solo europei, con l’obiettivo di valutare e a volte anticipare esigenze e necessità del mercato.
In questo caso, ci siamo posti il problema subito, per accelerare i tempi nella ricerca di una soluzione che fosse efficace e “green” nel contempo, come del resto è sempre stato scrupolo ed attenzione della casa felsinea curare anche l’aspetto ecologico di caccia e tiro.
So per certo che già dagli anni 90' la Baschieri & Pellagri ha dato inizio alla ricerca di nuove soluzioni, in vista del futuro, nel caso intervenissero modifiche e obblighi sulla produzione delle cartucce da caccia e tiro. Allora, trenta anni fa, fu una delle prime aziende europee a provare i pallini “steel shot” e relative borre, quel ferro decarburato, che poi alla fine è stata una delle scelte obbligate attuali nelle zone in cui vige il divieto per il piombo.
Certo, confermo che già addirittura dalla fine degli anni 80' siamo stati molto attivi in questa pioneristica ricerca su pallini in ferro in eventuale uso alternato o sostitutivo del piombo. Già allora creammo componenti adatti a tali necessità e vennero sperimentate le prime cartucce “steel”, anche la polvere M92S è stata messa a punto con una diretta previsione in questo impiego.
Alla B&P da sempre esiste un buon reparto di ricerca e sviluppo, forte di molteplici esperienze e molta passione nell’avventurarsi in ricerche sui nuovi materiali, la casa bolognese si era già messa al lavoro sulle borre bio-ecologiche nel 2008 arrivando a prototipi molto interessanti; oggi si è quindi solo ripresa la ricerca già iniziata?
Corretto Gianluca, già nel 2008, avevamo iniziato valutare il progetto “Borra BIO” e più recentemente abbiamo ripreso e intensificato i lavori di sviluppo, alla luce delle evoluzioni menzionate prima.
Le ricerche sono ripartite dal 2018/19, con forte impegno ed intensità, perché questa volta abbiamo precise scadenze da rispettare e quindi non vogliamo affatto essere in ritardo.
Poiché negli studi eseguiti in passato si erano rilevati inconvenienti nella stabilità nel tempo dei materiali, come ad esempio la perdita pressoché totale di plasticità ed elasticità, nel 2018 alla ripresa della ricerca sulla borra Bio, sia per completezza, che per il desiderio di non perdere troppo tempo e soprattutto mirando ad un risultato eccellente ed importante, per l’azienda bolognese, ci siamo avvalsi anche della collaborazione dell’Università di Bologna, nello specifico con il con il Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale di Meccanica avanzata e Materiali.
La necessità era individuare un polimero utilizzabile negli stampi per borre già impiegati, che fosse biodegradabile e compostabile , adatto per fabbricare le nuove borre.
Cosa significa biodegradabile?
Oggi, basta fare un giro sul web, per trovare di tutto e di più quali spiegazioni linguistiche e tecniche. In estrema sintesi i materiali biodegradabile si definiscono tali quando, grazie principalmente all’azione di microorganismi, si convertono in anidride carbonica, acqua e metano.
Quali sono stati i passaggi successivi?
La difficoltà più grande era rappresentata dal riuscire a trasformare questo compound in prodotto utilizzabile a livello industriale e superare i vari problemi in fase di produzione e stampaggio: temperature, velocità di riempimento, tempi ciclo, raffreddamento ecc...
Le prime nuove borre prodotte col materiale biologicamente compatibili, principalmente per la densità molto elevata hanno fatto rilevare delle differenze di ritiro, questo vuol dire una variazione dimensionale che di fatto ha imposto modifiche sostanziali sugli stampi e sul processo produttivo.
Fortunatamente il prodotto finito ha dato dopo un gran lavoro di studio e prove una immagine finale altamente positiva e gratificante; oggi siamo molto fieri del nostro risultato.
Marco, anche gli altri, incluse altre aziende armiere, immagino si saranno messi al lavoro per ottenere un loro prodotto di questo tipo, tu hai notizie del lavoro della concorrenza?
Certo, è chiaro che alcuni importanti produttori di munizioni e componenti si sono messi al lavoro nella ricerca e sviluppo di borre “Bio”. Proprio per questo il confronto con gli altri produttori è stato necessario e ripetuto più volte, in fase produttiva era infatti utile sapere cosa la concorrenza stesse provando e come si stesse muovendo, perché non di rado dagli altri anche se concorrenti diretti si possono apprendere molte cose utili, evitare errori e migliorare il proprio prodotto.
Grazie per la spiegazione Marco, che cosa è emerso di interessante dal confronto e dalla verifica del lavoro dei concorrenti?
In modo costante, abbiamo rilevato nel prodotto degli altri concorrenti, una scarsa tenacia del materiale che alle prove di sparo non di rado si spaccava, annullando sia la tenuta ai gas, che la piena sicurezza di preservare la canna dal contatto con i pallini duri di ferro o tungsteno.
Dagli studi del passato, sulla borra idrosolubile e biocompost avevamo già notato una fragilizzazione del materiale che portava alla rottura della borra e soprattutto della couvette di tenuta ai gas.
La scarsa resistenza meccanica, immediata e nel tempo, del materiale, è stato uno dei punti più importanti e meglio focalizzati durante lo sviluppo delle nuove borre “Bio”, perché volevamo evitare di cadere nelle stesse problematiche assillanti già note e non subire le conseguenze di una non perfetta tenuta dei gas in fase di sparo.
Grazie Marco, che cosa mi puoi dire sulla nuova materia biodegradabile, in relazione alla vera e propria produzione delle borre, vi ha dato problemi nel sistema classico di stampaggio ad iniezione?
Dobbiamo precisare che la nuova sostanza è una “plastica” sui generis, speravamo la si potesse usare con il solito sistema da te indicato, nei soliti stampi, sarebbe stato un grosso sconto al nuovo lavoro su queste borre.
Invece sia per la densità che per le sue caratteristiche fisico/chimiche la nuova materia che è più densa ha dato dopo varie prove e conseguenti correzioni sul compound buoni risultati di stampaggio (adeguando le temperature e tempi) e quote leggermente diverse sul prodotto finito. Per questo sono stati sostituiti e modificati gli stampi di fusione per queste borre.
Marco, entriamo nel dettaglio: che cosa è stato prodotto, borre nuove, tipologie e soprattutto cosa vi hanno mostrato i test condotti con queste novità.
Le linee su cui si articola la produzione delle nuove borre “BIO” sono essenzialmente 3, suddivise per tipologia di borraggio intesa come impiego:
Couvette per uso con borra in feltro (per piombo e bismuto)
Borre contenitore con molleggio (per piombo e bismuto)
Borre Steel (per pallini ad elevata durezza come ferro, tungsteno, rame)
Al primo tipo appartiene una couvette, simile alla solita ma in materiale Bio, che si può abbinare alle borre in feltro, fibra e miste feltro/sughero.
Usabile con pallini in piombo e bismuto, mentre il secondo tipo è una vera e propria borra contenitore di struttura classica abituale, con coppetta di tenuta, molleggio e bicchierino chiuso da pretagliare in fase di caricamento a 4 o 6 petali, questa borra è utilizzabile universalmente con pallini in piombo e bismuto.
Di questa borra abbiamo altezze diverse, con molleggio sulla struttura super collaudata della Z2M, queste borre nelle diverse altezze permettono di utilizzare le abituali grammature di piombo da 28 a 42 grammi e una struttura specifica per le cariche da tiro a volo, con 24 e 28 grammi di piombo.
Marco, mi sembra di capire che con queste borre e pallini alternativi al piombo, sia quindi di fatto già possibile creare cartucce totalmente adeguate a quella normativa che la UEE sta meditando di imporre per il 2023, o mi sbaglio?
Certo, il nostro progetto, si pone come risultato finale proprio questo, la possibilità di preparare con queste borre, abbinate a materiali alternativi al piombo, cartucce balisticamente perfette e “totalmente” lead free!
Ma torniamo a noi: ci puoi dare qualche dettaglio delle borre Bio del terzo tipo, definite tipo “Steel”?
Al terzo tipo appartiene la tipologia “Steel” quindi una borra con contenitore molto capiente, con pochissimo molleggio (quasi assente in alcune versioni), da usarsi con pallini particolarmente duri (come ferro, tungsteno, rame).
L’isolamento dei pallini dalla superficie interna di canna è perfetto, e il materiale tenace per resistere a sollecitazioni fisiche e pressorie ed al irrigidimento delle basse temperature invernali, in merito a questo punto essa soddisfa pienamente le caratteristiche prestazionali (una delle poche o forse l’unica? che oggi riesce a farlo) a temperature “sotto zero”.
Queste borre, pretagliate a 4 petali, consentono di caricare nel 12/70 da 24 a 32 grammi di pallini steel e di portare la carica a 35/36 grammi nel 12/76 Magnum.
A questo punto, una domanda viene spontanea: avete fatto un confronto tra la balistica delle borre in plastica abituale e queste nuove borre BIO? Intendo confronto tra rosate, valori di banco, ecc...?
Chiaramente la balistica è stato uno dei punti importanti che abbiamo controllato e messo a fuoco subito dopo aver terminato il lavoro di progettazione e realizzazione della nuova linea Bio.
Sono state fatte verifiche al banco, trovando ottimi valori di velocità e pressione e poi abbiamo confrontato le rosate ottenute con borre normali e Bio, rilevando in entrambe ottima regolarità e densità, rosate molto buone anche per la perfetta tenuta delle borre che a differenza di altre della concorrenza, non si rompono mai, neppure con temperature rigide.
Marco, per il resto, come si chiederanno sicuramente i nostri lettori, avete altra carne al fuoco?
Certo, il lavoro di ricerca continua; come ti ho prima accennato le borre sviluppate ci consentiranno di studiare cartucce specifiche per svariati mercati, con combinazioni veramente interessanti sia dal punto di vista ecologico che per prestazioni balistiche di alto livello.