Lo sparo è l’atto ultimo di una emozionante azione di caccia del nostro fedele compagno di caccia: il nostro cane. Alle volte però può succedere che al contrario sia l’inizio di gravi problemi nel binomio cacciatore/ausiliare.
Questo perché il cane può essere timoroso, ma anche terrorizzato dal colpo di fucile. La paura allo sparo è la peggiore condizione psichica di un qualsiasi cane da caccia, soprattutto se il soggetto presenta un grandissimo talento nella caccia.
Tanti addestratori e allevatori hanno pareri differenti, ma soprattutto contrari all’influenza genetica sul problema della paura allo sparo, che quindi non è trasmissibile dai genitori alla prole.
Tuttavia in tutti i casi si tende spesso a evitare di mettere in riproduzioni cani con questo problema, anche se è capitato anche a me di vedere cuccioli impavidi figli di soggetti davvero terrorizzati dalla detonazione dei fucili da caccia.
Ma se fosse vero che sia un problema genetico ci dovrebbe essere un carattere specifico impresso nel DNA del soggetto che si esprime con l’avversione a rumori forti tra i quali lo sparo appunto, ma che invece non avviene in caso di tuoni altrettanto fragorosi durante i temporali, e cani terrorizzati dai temporali, ma incuranti degli spari.
Nella riproduzione si guarda intanto ai caratteri fenotipici, quelli visibili esteriormente per intenderci, ma allo stesso tempo e maggiormente si guarda all’equilibrio psico/fisico, evitando soggetti invece più timorosi ed eccessivamente guardinghi, o anche fuggitivi, perché con soggetti con queste affezioni c’è un rischio maggiore di avere cani maggiormente esposti al rischio di traumi psichici.
Quello che è sicuro invece è che si tratta di un trauma psicologico che subisce il cane e tante volte non solo è difficile riprenderlo, ma si arriva al punto che alcuni soggetti risultano inutilizzabili nella caccia anche dopo tanto tempo dedicatogli per lavorare insieme cercando di debellare questa grave difficoltà.
Ma questa è una condizione che può includere soggetti che invece tendono a caratteri normali ed equilibrati e molto stabili psico-fisicamente perché può anche trattarsi di un trauma a carattere ambientale.
Quindi nell’ambiente in cui si trova il cane c’è una causa scatenante che porta al crollo psichico come ad esempio su un cane non abituato a rumori forti, lo sparo improvviso in un momento di massima concentrazione per il nostro cane lo terrorizzerà andando a causare danni a più o meno lungo termini.
Occasione questa, capitata ad uno dei miei pointer inglese, Boss maschio adulto di 4 anni, che una mattina portai in ZAC per un allenamento per le future prove di caccia, ma al momento di massimo stress e concentrazione in cui fermò una quaglia e questa cercava di allontanarsi di pedina, altri colleghi in alto concludevano una loro azione di caccia e il colpo di fucile rimbombò nel canale fin giù dove ci trovavamo noi, tanto che mi spaventai anche io, Boss dal canto suo saltò quasi in aria, lasciò la ferma e con la coda in mezzo alle zampe, come si suol dire, venne a cercare riparo dietro di me.
Ci volle qualche minuto per farlo tranquillizzare, lo legai e riportai più in basso per slegarlo di nuovo e farlo tornare sul selvatico, che feci involare davanti al cane evitando di sparare, e abbatterlo dopotutto, per non creare altre situazioni stressanti per il mio ausiliare nella stessa giornata.
Fu solo un momento, ma in tutti i casi giusto o sbagliato che potesse essere feci quello che pensai fosse la cosa migliore sul finale dell’azione con la quaglia, un bell’inseguimento più per gioco che per allenamento.
Un momento di stress può capitare anche ad un cane adulto, come è capitato a me ad esempio, ma i problemi più gravi si possono avere a carico di cuccioli e cuccioloni che devono essere tutelati e avvicinato allo sparo in modo graduale.
Anche rumori forti fatti battendo le mani già in tenerissima età innanzitutto, oppure battendo le ciotole o pentole del pasto, sono sempre un buon inizio, ma mai quando i cuccioli sono a riposo.
I cuccioli devono ricevere tali stimoli sensoriali preparatori allo sparo quando stanno giocando tra loro o meglio quando stanno mangiando ad esempio, proprio perché il rumore, e lo sparo successivamente, deve essere associato a un evento piacevole.
L’andare a caccia sarà poi naturalmente il loro momento piacevole, il fermare il selvatico o abboccarlo e riportarlo, azzannare la lepre o il cinghiale. Quindi per portare a compimento il loro lavoro ed essere ripagati, in ultima analisi lo sparo sarà proprio il momento che tanto aspettavano per arrivare a tu per tu col selvatico cacciato.
Quello che non è sicuro è se il cane riuscirà a recuperare il trauma, perché ci sono tanti fattori in gioco: intanto il suo carattere e la predisposizione a reagire ai traumi. Non meno importante è la nostra sensibilità e pazienza per accettare tale condizione psicologica e cercare di impegnarsi a recuperare il soggetto.
Altro esempio più vicino rispetto a Boss è quello capitatomi con una cucciolotta di springer spaniel, cagnetta regalatami da mia moglie Eva, molto piccola perché prossima ai 40 giorni, quindi allontanata presto da mamma e fratelli e già questa non è una bella cosa per il cucciolo.
Ho sempre pensato che trovò in me e in Eva i suoi genitori.
Infatti, ha sempre dato l’impressione che fosse una bambina e non un cane e non c’era momento in cui non volesse venire in braccio, strusciarsi e farsi accarezzare, e questo anche dopo 4 anni.
In tutti i casi però ha sempre avuto una marcata predisposizione al selvatico, un naso che nella cerca non ha mai sbagliato, unici problemi che ha presentato sono stati un carattere super irruente, poco gestibile in fatto di educazione e riporto agli inizi, perché nella maggior parte dei casi prendeva tutto come gioco, come una bambina viziata per l’appunto.
Alla pre-apertura della caccia del 2019 aveva appena un anno e la portai con me, ma dovetti legarla col guinzaglio perché tendeva ad andare in giro e spaventare i colombacci in transito, sparai e riportò un paio di colombacci, un altro lo riportò anche a mio padre, ma da un momento all’altro qualcosa cambiò in lei e nel momento in cui riportò quest’ultimo.
Dopo averlo abboccato, lo lasciò a terra vicino a me per essere recuperato e cercò di allontanarsi senza ascoltare i miei tanti richiami. Impiegai un bel po' per avvicinarla e riportarla indietro, ma dopo quella lunga corsa si era tranquillizzata e non diede altri problemi.
Un paio di giorni dopo però appena sparai il primo colpo cercò di scappare, chiamata e richiamata diverse volte mi fece penare tutto il tempo che fummo a caccia.
In quella occasione e nelle altre mi accorsi che non solo temeva lo sparo, ma anche il fucile in sé.
Portata con le quagliette volatrici per vedere come si sarebbe comportata a farla ripartire dagli inizi con il divertimento dell’inseguimento, nel momento in cui arrivava sul selvatico, sull’emanazione abbassava la testa e tornava indietro terrorizzata perché considerava imminente l’arrivo dello sparo.
Dopo tanti cani allevati e successivamente addestrati, arrivai ad un vicolo cieco e dovetti cercare aiuto in un addestratore cinofilo, allevatore di retriever da lavoro e molto famoso non solo per i suoi cani ma anche perché ha aiutato tanti amici cacciatori nelle mie stesse condizioni proprio per la sua grande esperienza.
Una persona splendida in grado di capire bene la psiche e il carattere del cane come ho avuto modo di constatare anche io portando Bea in allenamento/addestramento da lui.
La cagnetta cambiò tanto già dal primo giorno e nel giro di un mesetto riuscii a metterla sul terreno con un carattere nuovo.
Ci volle tempo e soprattutto tanta pazienza. Visti i suoi miglioramenti anche io potei riprendere fiato e la prima beccaccia cercata, trovata, abbattuta e riportata fu l’epilogo di diversi mesi di pene e malumori in ambito venatorio e lei, cucciola presa per aiutarmi nel riporto nei giorni in cui non andavo a beccacce col mio pointer Boss, per evitarle lo stress continuo dello sparo ai tordi e una possibile ricaduta, e soppesata la sua inclinazione nella cerca, divenne la mia cagnetta da beccacce che si divideva il trasportino e le uscite con Boss appunto.
Il consiglio è di abituare i cani ai rumori gradualmente e in occasioni specifiche dove non possa essere una distrazione e una successiva causa stressante per il cane, ma essere un’abitudine e il segnale che è arrivata la conclusione del loro lavoro e che possono essere ripagati arrivando sul selvatico.
All’inizio e in fase di addestramento il binomio quaglietta volatrice e pistola a salve è quello più utile e utilizzato.
Si fa arrivare il cucciolo sul selvatico e per le prime volte lo si invoglia volontariamente a inseguire il selvatico dopo la ferma e il frullo, poi si può utilizzare la pistola a salve, ma qualcuno utilizza fucili di piccolo calibro così oltre ad abituarli allo sparo, premiano il soggetto con l’abbocco del selvatico e possibile riporto se non addestrato, altrimenti anche al riporto.
Da evitare sono serie di colpi ravvicinati o portarli in luoghi dove ci sono altri cacciatori ad esempio.
Altro atteggiamento da evitare è sparare a breve distanza dai cani nelle battute al cinghiale o numerosi colpi a salve per far partire i selvatici.
Tutto questo deve essere fatto per far capire al cane, cucciolo, cucciolone o adulto che sia che lo sparo è un suono riconducibile a un’azione positiva, che farà parte della sua vita e porterà sempre a maggior soddisfazione in lui.