Il binomio Anigrina Lamellare e caccia alle allodole, è uno dei più indissolubili nella storia della pratica venatoria. Prodotta adesso anche nel calibro 20, questa storica munizione sa ancora sorprenderci dimostrando di poter esser ben impiegata anche in altre forme di caccia e con altri selvatici.
È dal 1930 che la polvere Anigrina Lamellare e le munizioni in cui essa è caricata, accompagnano i cacciatori italiani nelle loro belle avventure venatorie.
Nata dalla precedente granulare, la Anigrina Lamellare, viene creata dalla Baschieri & Pellagri per migliorare le prestazioni di quelle munizioni che sarebbero state impiegate per insidiare la piccola e media selvaggina migratoria e stanziale.
Con l’evoluzione dei tempi, ma sempre sulla base di quello spirito, la ditta bolognese, ci ripropone ai giorni nostri una reinterpretazione di quella munizione ma in calibro 20.
Una scatola di colore dorato riporta il nome della munizione e la ditta produttrice. Informazioni relative al calibro, lunghezza del bossolo e grammatura sono riportate sul frontale in basso, mentre sulla parte superiore è riportata la numerazione del piombo.
Il bossolo è di tipo 2 in calibro 20/67. Di plastica gialla di ottima qualità, lascia intravedere i componenti interni. Riporta in rosso il nome della munizione e della ditta produttrice. La chiusura stellare a sei pliche, garantisce l’ottima tenuta della munizione. Si tratta di una cartuccia che può essere utilizzata anche in fucili camerati 20/65.
L’innesco è di media potenza.
Il propellente utilizzato è l’Anigrina Lamellare. Una polvere storica che dal 1930 allieta le battute di caccia di molti cacciatori italiani che si sono dedicati e continuano a dedicarsi alla caccia della piccola e media selvaggina migratoria, ma anche stanziale.
Si tratta di una polvere di media vivacità indicata per caricamenti medi. Di colore mattone, è una nitrocellulosa laminata modificata che nel calibro 20 viene caricata in 1,18 grammi e che è in grado di raggiungere i 750 bar di pressione con una V1 di 400m/s.
Il contenitore utilizzato è l’ormai collaudatissimo Z2M. Contraddistinto da un ammortizzatore con quattro gambe autoregolabili e una parte inferiore in grado di tenere al massimo i gas di combustione, sfruttandone al meglio la spinta.
A parte le dimensioni del bossolo in 20/67, già dal range dei pallini che vengono offerti per questa cartuccia, ci si rende conto che si tratta di una munizione dedicata per la selvaggina minuta e media. La numerazione va infatti dal nr. 8 all’11 caricato in 25 grammi.
Il piombo utilizzato è il temperato nero, perfettamente selezionato per la sua sfericità e con un buon grado di durezza in grado da garantire una bassa propensione alla deformazione in canna, una sufficiente aerodinamicità e capacità di cessione dinamica all’impatto.
L’Anigrina Lamellare, come detto, nasce come munizione utilizzata prevalentemente per la caccia alla piccola selvaggina migratoria, pertanto fu molto impiegata nella caccia alle allodole.
In quelle belle giornate di ottobre, quando il cielo è terso, il clima e la natura sono ancora carichi dell’energia e dei colori dell’estate appena trascorsa e ci si posiziona volentieri tra i campi, vicino le ultime stoppie o tra un arato e l’altro, si ascolta il canto gaudioso delle allodole che, seguendo le prime migrazioni, hanno raggiunto le nostre contrade.
Il branchetto si alza in volo dal fondo del campo appena visualizza il possibile pericolo costituito dall’allocco o dallo specchietto, compatto lo affronta, quanto coraggio in un animale così piccolo e che spirito di aggregazione.
Sono gruppetti formati da diversi individui, che si susseguono a turno e vengono a sfidare il giocattolo meccanico.
Il cacciatore ben appostato le ode arrivare, le vede alte come dei puntini, ma poi si abbassano di quota, se le trova sfarfallare davanti tra la distesa marrone dell’arato o il giallo della stoppia e il cielo ottobrino, il fucile caricato con munizioni dell’Anegrina Lamellare con piombo 11 stacca dal gruppo la prima, con un secondo colpo coglie la seconda prima che il ciarliero gruppo si dia alla fuga.
Sentì bussare attraverso la grata della mia finestra a piano terra, quando aprì mi investì quel volto gioioso e rubicondo
“Ma va là Burdeo, domattina è domenica non si studia e vieni via a lodole con me”,
l’invito del sig.Guidi mi arrivò così deciso e inaspettato, ma mi provocò una gioia enorme che risvegliò il mio animus venandi dal torpore causato dalla “cattività” universitaria urbinate.
Persone simpaticissime i Guidi, miei dirimpettai al Vicolo del Rifugio. Era un ottobre splendido, con cielo terso e un leggera brezza che spirava sempre dai quadranti nord orientali. Un clima decisamente più fresco rispetto a quello siciliano.
Percepivo che quelle erano le giornate del passo, così, spesso, mi recavo a guardare la valle davanti palazzo Ducale, sul versante di fronte vedevo a volte dei caprioli e tanti merli, ma di allodole non ne avevo viste né sentite.
E dire che in quello stesso periodo in Sicilia, affacciato dal terrazzo di casa mia, le sentivo trillare altissime che era una meraviglia.
Comunque l’indomani mattina, mezz’ora prima dell’appuntamento ero già seduto sul davanzale di mattonacci della bassa finestra che dava sulla cucina di mattoni rossi e cotto da cui sentivo arrivare i rumori e gli odori della colazione.
Aiutai a caricare l’auto e saliti imboccammo la strada che portava verso Fano. La sistemazione dell’appostamento temporaneo richiese mezz’ora abbondante, il sole iniziava a sorgere, gli odori e i profumi della natura si esalavano tutto intorno.
Visto che ero senza schioppo, all’interno del nostro appostamento io ero addetto alle munizioni, così rovistando nella bisaccia la mia attenzione fu attirata da una munizione color vinaccio, l’Anigrina Lamellare.
Un lotto sicuramente datato, quello del sig.Guidi, con piombo 10 e 11. Non appena le prime allodole si avvicinarono al gioco venivano giù come frutti maturi, la polenta era assicurata.
Già allora utilizzavo il calibro 20, così, appena rientrato in Sicilia, memore di quell’esperienza, andai in armeria a cercare la munizione nel calibro che più utilizzavo nella caccia alla quaglia e alla beccaccia. Purtroppo dovetti attendere ancora qualche anno perché venisse prodotta, ma mai attesa fu meglio ripagata.
Devo dire che a prima vista il colore giallo e la scritta rossa, ormai quasi ubiquitaria, delle munizioni in calibro 20, mi lasciò molto deluso, mi aspettavo infatti quel bel colore vinaccio, invitante e caldo.
Ma ero curioso di verificare la loro efficacia anche nel calibro cadetto. Acquistai un pacco col piombo 8 ed uno con piombo 9.
L’occasione per provarla fu l’invito di un amico presso un’azienda faunistica presso cui avremmo provato i nostri ausiliari su delle starne immesse. Quindi caricai l’Anigrina con piombo 8 in prima canna nel sovrapposto Rizzini Ares 3/1 da 71 cm.
La prima starna che si involò sotto la ferma del cane percorse un traversone discendente verso sinistra ad una distanza tra i 25 e i 30 metri. Essendo sul mio lato la agganciai e lasciai partire il colpo.
La carica velocissima si portò sulla preda ed essendo ancora sufficientemente compatta e all’interno della propria portata utile, fece accartocciare la starna facendola precipitare pesantemente verso il basso.
La seconda starna partì in linea retta qualche metro davanti al cane, con un volo che tendeva verso l’alto. Poco prima dell’apice fu investita da una rosata compatta e violenta che la spense in aria, lasciando al suo posto soffici piume.
Non restava adesso che provarla anche a quaglie. Così dopo qualche settimana mi recai in un territorio tra Ispica e Modica, dove gli ampi campi inquadrati da bianchi muri di pietra incastrata a secco, racchiudevano l’erba rigogliosa e fiorita che veniva utilizzata per foraggiare placide mucche che si crogiolavano ruminando al caldo sole ottobrino, mentre nuvole di mosche piccole e scure formavano macchie liquide sul manto bianco.
Il cane fermò poco dopo sotto un alberello di carruba che sorgeva sopra un leggero innalzamento del terreno, da sotto quelle fronde mi sarei aspettato che potesse prendere forma qualsiasi selvatico, tanto la scena era idilliaca e da letteratura venatoria.
Il cane bloccato che masticava l’aria, una leggera brezza dondolava l’erba verde, qualche nuvolone gonfio solcava il cielo, saremmo potuti restare così un’eternità quando un doppio e piccolo frullo fece materializzare due quaglie.
La prima discese verso di me mentre l’altra in diagonale si allontanava verso l’altro campo. Un rumore secco, non troppo forte, tipico della detonazione di cariche medie e il piombo n.9 della prima canna tranciò il volo di quella più lontana lasciando un fiocchetto di piume dondolanti, così, girandomi, indirizzai il fucile con la seconda carica di piombo 8 verso la seconda che intanto stava raggiungendo la propria rimessa, crollando sul posto.
Da quel giorno in poi, nella caccia alla quaglia, la Anegrina Lamellare è divenuta mia fedele compagna d’avventura.
Pur avendo una borra contenitore, l’Anegrina Lamellare si è dimostrata ottima anche nella caccia alla Beccaccia, specialmente su quei terreni cespugliati che non mi hanno costretto a tiri troppo ravvicinati.
Su distanze di ingaggio comprese tra i 15 e i 25 metri, la carica media di piombo, la giusta velocità e la potenza equilibrata della munizione, associata ad una canna poco strozzata, l’AL ha dimostrato di essere una munizione estremamente valida e versatile che mi ha regalato grande soddisfazione nella caccia all’amata arciera.