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Caccia alle allodole: quando, come e dove

Ho molto rispetto per questo piccolo migratore: per la sua forza e tenacia a dispetto della sua fragilità e piccolezza, capace di percorrere migliaia di chilometri durante la migrazione.

Ogni anno, la sua presenza gioiosa mi riporta alla mente la mia giovinezza quando imparai le prime nozioni di caccia.

L’allodola, si sa, è maestra del cacciatore ed era cosa comune, per i giovani che si avvicinavano a questo mondo, che si iniziasse a praticare proprio la caccia alle allodole per fare pratica e imparare i segreti del tiro sul selvatico in volo.

Ricordo che in compagnia di alcuni cacciatori più anziani, ci recavamo su dei “tavolieri”, ampi campi con ancora qualche stoppia, contrassegnati solo da muri a secco, pochi alberi, qualche cespuglio a qualche chilometro di distanza dal mare. Una volta posizionate un paio di civette meccaniche, i due cacciatori più esperienti ci piazzavano in ordine sparso dietro un alberello di ulivo, un grosso cespuglio di lentisco, un muro o delle balle di paglia rimaste abbandonate nel campo, sempre in modo che ci vedessimo tra di noi, alcuni più vicini ai richiami altri un po’ più lontani.

I più esperienti si mettevano ai lati con richiami manuali o a bocca e iniziavano a richiamare le allodole. I branchi di allodole entravano alti dal mare, il loro canto si udiva molto prima di riuscire a distinguere quei puntini scuri appesi nel cielo terso; appena udivano il richiamo iniziavano l’avvicinamento nel campo per riposarsi e pasturare, compiendo alcuni giri di perlustrazione e compattandosi appena visualizzavano le civette.

Si passavano così giornate allegre e in compagnia, mentre si imparava a valutare la distanza di tiro e l’anticipo, ad ingaggiare il selvatico in volo e a sparare col fucile in movimento, a segnare il punto di caduta per recuperare il capo abbattuto. La caccia all’allodola rappresenta la migliore palestra per il giovane che si cimenta con l’arte venatoria sotto tutti i punti di vista delle capacità che deve possedere un vero cacciatore. 

 

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Considerata poco stimolante per molti rappresenta una forma di caccia di seconda scelta, per altri rappresenta un must a cui dedicarsi a tempo pieno nel periodo di passo. Provandola, però, scopriamo che anche questa attività venatoria riesce a regalare, a chi la pratica, un bel carico di emozioni e soddisfazioni.

La presenza delle allodole, soprattutto al sud, indica che il passo è iniziato.

È il mese di ottobre, più o meno inoltrato a secondo delle condizioni climatiche, con le sue belle giornate soleggiate, l’incipiente autunno che assomiglia ancora molto alla primavera con clima mite. Anche se la campagna inizia a spogliarsi al nord e a diventare più verde al sud, l’odore di terra arata di fresco misto al fumo degli arbusti di ulivo bruciati dopo la raccolta delle olive riempiono l’olfatto e la vista di una sensazione di calma misto a un senso di tristezza ed euforia, dal cielo un po’ azzurro e un po’ velato proviene il melodioso e gioioso canto delle allodole che invade le campagne.

Quando è periodo di migrazione, le allodole si sentono già di mattina presto. Se i venti soffiano dai quadranti occidentali o il vento è assente, i selvatici si manterranno alti e difficilmente visibili, al contrario con i venti orientali, specie se tesi, voleranno a un’altezza inferiore facilmente visibili.

Essendo un uccello abituato alle vaste praterie, durante il volo eviterà di passare sulle zone alberate e boschive e al contrario individuerà i vasti campi aperti meglio se con erba bassa e rada.

Dopo un rapido volo di perlustrazione, il branchetto che poco prima volava ad un’altezza considerevole si tufferà giù gradualmente, come se rimbalzasse nell’aria, su qualche stoppia, ancora scampata all’aratro di questa nostra agricoltura sempre più intensiva, o in qualche campo verde, se si ha avuto la fortuna che della pioggia, nei giorni precedenti l’arrivo delle allodole, abbia bagnato i campi favorendo la nascita delle tipiche erbe autunnali. Altrimenti si dovranno posare sull’incolto o sull’arato.

Queste condizioni non sono da sottovalutare quando si decide di praticare la caccia all’allodola, in quanto sia nella stoppia che nel campo di erba il selvatico troverà facilmente la pastura, costituita da germogli, semi e piccoli invertebrati e si sentirà protetto dalla presenza della vegetazione, questo renderà il selvatico più calmo e confidente. Quando, al contrario, non trova le condizioni ambientali giuste sarà sempre sul chi vive, molto nervosa e schiva, pronta a involarsi a lunghe distanze appena avrà intuito un pericolo.

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Conoscenza del territorio e delle condizioni climatiche

Per cacciare con profitto l’allodola si presuppone che ci sia una buona conoscenza del territorio. Sia che si effettui su selvaggina di passo che su selvaggina ormai ambientata sul territorio, sarà necessario conoscere quali sono le zone sulle quali i branchetti in entrata transiteranno e quali gli areali preferiti per pastura presso i quali trascorreranno alcuni giorni.

Quando le allodole sono in entrata infatti seguono in branco sempre la stessa direzione, pertanto se non si individua questo corridoio o si trova occupata la postazione in prossimità di esso, conviene cambiare zona altrimenti si rischia di non sparare un colpo.

Stesso discorso vale per i luoghi di sosta e pastura, ve ne sono alcuni maggiormente prediletti da questi selvatici, mentre in altri la presenza sarà scarsa o nulla. La conoscenza del territorio è legata anche alla conoscenza delle condizioni climatiche, perché un vento da nord piuttosto che uno da sud, o una giornata nuvolosa invece di una soleggiata, possono far cambiare abitudini ai nostri selvatici e serve rimodulare tutta la strategia di caccia.

 

 

Metodi di caccia alle allodole

Il classico metodo di caccia all’allodola consiste nella realizzazione di un capanno presso un potenziale luogo di pastura in prossimità delle zone di entrata.

Il capanno può essere costruito sul posto utilizzando anche rami secchi, canne o vegetazione locale, può essere di quelli sintetici in stoffa mimetica. Ma siccome per antonomasia l’allodola è un animale curioso, specie nei primi giorni di presenza sul territorio, sarà sufficiente anche il nascondersi dietro un grosso cespuglio, dietro un alberello o un muro e non preoccuparsi molto se le canne del fucile dovessero brillare alla luce del sole perché forse questo potrebbe attirare i selvatici.

Ricordiamo, infatti, che uno dei richiami più diffusi è lo specchietto per le allodole. Lo studio di questi selvatici, però, ha fatto scoprire che non si tratta di curiosità, ma solo di un sistema difensivo che induce il branco a compattarsi e a sfidare il possibile pericolo, anziché scappare.

L’avvicinamento del branco al richiamo, specchietti, giostra o civetta, sarà lento e continuo, il cacciatore dovrà essere bravo a calcolare il momento giusto per alzare il fucile o per venir fuori dal riparo e sparare, in quanto un movimento sbagliato può inficiare tutto e il momento tanto atteso svanire in un attimo, e quel volo lento e compatto di avvicinamento si trasforma in un volo di fuga veloce e dalla direzione mutevole in senso opposto che lascerà il cacciatore col fucile puntato a cercare col mirino la preda che si muove a scarti continui.

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Calma e immobilismo, al contrario, faranno in modo di far avvicinare l’intero branco e se si riesce a far passare le avanguardie, senza sparare o farle insospettire, il resto seguirà confidente consentendo di effettuare anche qualche coppiola.

Bisogna prestare attenzione sempre alle condizioni meteo perché giornate di vento troppo forte, cielo nuvoloso o pioggia, renderanno questi selvatici molto nervosi e schivi, difficili da avvicinare e restii a curare qualsiasi richiamo perché più propensi a rimanere al suolo.

Nella forma di caccia vagante, uno stile di caccia molto dinamico, invece, il selvatico mostrerà di volta in volta un comportamento diverso in base alla situazione in cui si decide di insidiarla. Di solito si effettueranno tiri di istinto e veloci perché i selvatici, che si trovano posati in pastura tra l’erba, si involano a 15/20 metri portandosi subito fuori tiro con un volo basso che, a causa della colorazione mimetica e alle piccole dimensioni dell’allodola, rende il tiro difficile e stimolante per i più esigenti.

 

 

Se la caccia avviene di mattina presto o pomeriggio tardi su selvatici di entrata, potrà anche capitare che si involeranno vicini al cacciatore che avrà la possibilità di mirare il selvatico e sparare al momento in cui raggiunge la giusta distanza.

Selvatici più diffidenti per il fatto che si trovano sul territorio da più tempo o a causa delle condizioni climatiche, si involeranno a distanza maggiore e richiederanno un tiro più veloce perché già al limite della portata del fucile e della munizione.

Quando si decide di affrontare questo tipo di caccia è necessario prestare molta attenzione a cosa ci circonda, case, strade, persone, animali, perché i tiri sono bassi e orizzontali al suolo; è consigliabile, inoltre, accostare i selvatici sottovento in modo da farli involare a sfavore di vento così che per un attimo, librandosi in aria, quasi fermi, facendo precedere il volo dal tipico trillo, si avrà il momento giusto per effettuare un tiro agevole. Subito dopo, infatti, inizieranno a scartare e a prendere quota mentre si allontanano.

Se si tratta di selvatici ancora confidenti, non si rimetteranno troppo lontani e ci consentiranno di avvicinarli due o tre volte.

Al contrario, se i selvatici sono ormai smaliziati, dopo il primo involo a distanza maggiore rispetto ai primi giorni, effettueranno anche una rimessa più distante. Per le condizioni del terreno dove si svolge questa forma di caccia, è necessario, una volta abbattuto il selvatico, fissare bene il punto di caduta e non spostare mai gli occhi dal punto esatto altrimenti si corre il rischio di perdere il capo tra l’erba, a meno che non si è accompagnati da un ausiliare per il riporto.

 

 

Utilizzo dei richiami e attrezzatura da caccia

Nella caccia di appostamento si rende necessario l’utilizzo di richiami a bocca, unitamente a quelli visivi come specchietti, giostre o civetta elettronica, per richiamare l’attenzione dei selvatici che transitano sui campi, in modo da farli avvicinare all’appostamento o di farli riavvicinare dopo che si è sparato la prima volta. Solo in questo modo si avrà la possibilità di fare carniere.

Il richiamo a bocca o manuale sarà utile anche nella forma di caccia vagante per provare a far tornare indietro il branchetto di allodole dopo che si è involato.

 

 

Affinamento della mira, anticipo e distanza di tiro

La caccia all’allodola, come già accennato, rappresenta un’ottima palestra per il cacciatore sia esso neofita per affinare la tecnica e la mira, o esperto magari per fare un rapido ripasso delle nozioni base di tiro al selvatico.

Il tiro, soprattutto da postazione fissa, risulta essere abbastanza agevole e semplice in quanto non richiede particolare perizia né calcoli di anticipi esagerati, ma a patto che si abbia il sangue freddo di attendere l’ingresso del selvatico nel raggio d’azione del nostro fucile e della munizione, altrimenti, se troppo distante, facilmente il selvatico dalle ridotte dimensioni potrebbe passare nei vuoti della rosata senza rimanere colpito.

Il cacciatore alle prime armi imparerà che l’allodola è un selvatico che si può sparare senza grande spreco di munizioni a patto di non essere precipitosi, che si individui bene il capo a cui sparare nel branco e che non si spari al branco, appunto, e che solo dopo essere certi di aver colpito l’obiettivo si può cercare un altro bersaglio tra i selvatici in volo che si sono sparpagliati dopo il primo colpo.

Nella caccia vagante il tiro risulta essere leggermente più impegnativo a causa del fatto che spesso l’allodola, una volta libratasi in volo, dopo aver percorso qualche metro volando bassa e difficilmente distinguibile dallo sfondo grazie alla sua colorazione, inizia un movimento ondulatorio in allontanamento che può facilmente ingannare il tiratore.

La caccia all’allodola aiuterà a far capire l’importanza di mirare il selvatico prescelto e di non farsi distrarre da tutti quelli intorno, aspetto questo che tornerà molto utile ogni volta che si cacceranno selvatici in branco; farà comprendere l’importanza del tempo di mira e sparo; l’anticipo che si deve dare quando si spara un selvatico in movimento che sarà proporzionale alla velocità dello stesso; la capacità di valutare la giusta distanza di ingaggio del selvatico.

 

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Scelta delle munizioni e del fucile

La scelta delle munizioni per la caccia all’allodola non può prescindere dalla mole del selvatico e dalle distanze di tiro che avvengono comunque sempre entro i 30 metri. Pertanto munizioni con piombo 10, 11 o 12 con grammature medie in base al calibro prescelto, sono più che sufficienti e consentono di ottenere delle rosate sufficientemente guarnite, anche a distanze medio/lunghe, che consentono di colpire il selvatico in diversi punti vitali.

 

Come scegliere la grammatura e la numerazione del pallino

 

Sulla numerazione del piombo, in verità, ci sono pareri diversi, infatti, alcuni specialisti di questa caccia sostengono che munizioni con piombo troppo fine, 11 o 12 per intenderci, causano un eccessivo impatto sul piccolo corpo dell’allodola rischiando di sciupare eccessivamente il selvatico che, tra pallini di piombo e schegge di osso, rischierebbe di divenire immangiabile.

Così consigliano di utilizzare numerazioni di piombo leggermente più grosse 9/9 ½, o 10, perché l’allodola rimane pur sempre un selvatico poco resistente alle ferite quindi due o tre pallini di piombo che colpiscano anche in punti non vitali possono essere sufficienti per catturarlo.

 

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Per quanto riguarda il tipo di fucile si ritiene che qualsiasi arma possa andare bene per questo tipo di caccia ma se proprio si vuole essere precisi si potrebbe optare per un semiautomatico o un sovrapposto nella caccia di appostamento con canne medie da 67 cm e strozzatura che può variare dal *** al **; nella forma vagante si potrebbe optare per una doppietta che ci darà una visuale migliore del selvatico nell’atto dell’ingaggio, anche questa con canne medie e con una strozzatura consigliabile di ****/**.

Relativamente al calibro da utilizzare per la caccia all’allodola non ce n’è uno particolarmente vocato, pertanto sono tutti utilizzabili dal 12 al 410. Volendo fare una scelta si potrebbe optare per un 12, 16 o 20 per la caccia d’appostamento e utilizzare un 20, 28 o 410 per la caccia in forma vagante visto che prevede delle lunghe camminate e dei tiri più veloci che richiedono un’arma più maneggevole e facile al brandeggio.

 

Scarica Tabelle Calibro 16

 

Saro Calvo

Siciliano, classe 1975, vive nel sud est dell’isola in provincia di Ragusa dove lavora presso uno studio di consulenza, ed esercita con passione l’attività venatoria con 26 licenze all’attivo. Molto legato al proprio territorio, pratica la caccia col cane da ferma alla stanziale e alla migratoria. Si è appassionato, negli ultimi anni, all’uso del calibro 28 in tutte le forme di caccia e alla ricarica domestica, sempre alla ricerca della giusta munizione. Convinto lettore, ama approfondire tematiche riguardanti l’ambiente, la cinofilia, la ricarica e la caccia vissuta in tutte i suoi aspetti, anche quelli letterari. Sostenitore del connubio caccia/ricerca scientifica, dalla passata stagione venatoria fa parte del gruppo di monitoraggio per la beccaccia della provincia di Ragusa, in collaborazione con l’Unione per la Beccaccia e la FANBPO.

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