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Cacciare il colombaccio con il calibro 28

Scritto da Saro Calvo | 21-ott-2019 7.24.01

Il campo ancora ricoperto di stoppia alta un palmo era perfettamente rettangolare delimitato dalla linea bianca di antichi muri a secco, rinfrescato qua e la dall’ombra lunga della verde chioma di secolari carrubi; ne avevo scelto uno semi centrale in modo da avere un buono spazio per mirare ed eventualmente sparare, distante dai 30 a i 50 metri dagli alberi più vicini.

Il sole settembrino iniziava a rischiarare ad oriente mentre una leggera brezza da levante rendeva l’aria fresca e molto umida. Inserì nella prima canna *** 71 cm, del mio sovrapposto Rizzini Ares calibro 28, una Extra Rossa fiber da 21 grammi piombo 8 e nella seconda canna * un'Extra Rossa 7 ½ 26 grammi.

Poi mentre aspettavo l’arrivo dei primi colombacci, iniziai a intonare a mente tutta la play list di canzoni scaramantiche per non fare cattiva figura con gli altri cacciatori che mi avevano accompagnato quella mattina e sui cui volti avevo intuito un ghigno di scherno misto a compianto mentre mi avevano visto appostare sfoderando il piccolo calibro.

Assorto in quei pensieri, all’ombra del carrubo, con il calcio del fucile appoggiato alla coscia destra, la coda dell’occhio mi fece percepire un volo lontano, lentamente mi voltai e mi accovacciai ruotando su me stesso.

Attraverso le rade fronde gialle di un’erba selvatica cresciuta proprio lì davanti alla pianta che avevo scelto, vidi in avvicinamento da ovest 5 colombacci con un volo deciso ma non nervoso, si dirigevano verso la mia postazione. Istintivamente attesi immobile che si portassero a quella che definisco “distanza di non ritorno” che è all’incirca 30 metri dalla bocca del mio fucile, poi spostai con un movimento lento e continuo, il fucile che tenevo stretto e longitudinale al mio corpo.

 

 

Una volta imbracciato iniziai a mirare quello più in basso che sfiorava le chiome degli alberi e che sembrava intenzionato a posarsi. Non lo anticipai quasi affatto, tirai il grilletto della prima canna e lo vidi fare un capitombolo in aria, mentre gli altri 4, presi alla sprovvista dal turbamento della quiete con uno scarto improvviso, iniziarono a prendere quota per allontanarsi dal luogo.

Scaricata l’arma andai a recuperare la preda, colpito con diversi pallini di piombo che avevano colto i punti vitali del collo e del petto, rilevando anche delle ferite di un certo rilievo a carico delle forti ali.

Qualche minuto più tardi un altro colombaccio solitario mi provenne alto dalle spalle e iniziò a picchiare, quasi ad ali chiuse, verso l’albero che avevo a circa 30 metri dalla mia postazione, selezionata la seconda canna lasciai partire il colpo 5 metri prima che si infilasse tra i rami anticipandolo di poco meno di un metro. Le candide piume che volteggiavano nell’aria quieta e il fragore tra i rami del corpo ormai senza controllo del colombaccio, mi fecero capire che anche questo colpo era andato a segno.

Il battesimo del calibro 28 nella caccia al colombaccio da appostamento, aveva ricevuto la sua benedizione e questa esperienza mi ha spinto, in seguito, a provare diverse strategie mostrando, tra padelle e successi, limiti e virtù di questo calibro in questa forma di caccia.

Con quanto scritto non si vuole annullare quanto consigliato dalla letteratura venatoria che ci suggerisce che per cacciare il colombaccio è necessario avere un buon fucile in calibro 12, tutt’al più in calibro 16. Ma trattandosi di un selvatico numericamente consistente e facilmente reperibile sul territorio durante tutta la stagione venatoria, per rendere la sfida più intrigante e appagante, si può decidere di insidiarlo anche con calibri più piccoli, come il 28 appunto, sfruttando anche il fatto che, in questi ultimi anni, la produzione armiera e delle munizioni ci offrono dei prodotti molto prestanti dal punto di vista tecnico e balistico.



La caccia al colombaccio e il calibro 28

In realtà non c’è un motivo pratico per il quale dovremmo utilizzare il calibro 28 nella caccia al colombaccio se non il piacere di utilizzare piccole cariche di piombo e fucili leggeri per insidiare il signore dell’aria.

Sapendo che il colombaccio difficilmente offre dei tiri ravvicinati e che ha un fisico forte coperto da uno spesso strato di piume, ali possenti, muscoli pettorali ben sviluppati che costituiscono un valido schermo contro i pallini di piombo, se si vuole utilizzare il calibro 28 per cacciarlo è opportuno fare dei distinguo riguardo al tipo di caccia che si vuole praticare e a come poterla impostare perché dia risultati positivi nel rispetto etico della caccia a questo selvatico.

Tralasciando le immagini e le tante cattive pratiche e informazioni, che ci giungono dal mondo social e virtuale, si deve comprendere che utilizzeremo un fucile, pur dotato di canne lunghe e strozzate, in grado di sparare rosate compatte e veloci con prestazioni, in termini di velocità e pressione, di un certo rilievo, ma con cariche di pochi grammi di piombo. Questo aspetto, sul tiro lungo, può tradursi in un troppo scarso numero di pallini che giungono a bersaglio e in grado di colpire quei punti vitali, come collo, testa e cuore, che determinano lo shock. Perciò, per ovviare a questo limite è necessario creare i presupposti necessari alla buona riuscita e al buon utilizzo del calibro 28 nella caccia al colombaccio.

Grazie alla cospicua presenza del selvatico sia in montagna, in collina che in pianura e alla facilità di incontro che ci offre a prescindere dal posto, avremo la possibilità di individuare bene il luogo dove insidieremo il nostro selvatico, cercando quelle postazioni che ci consentono il tiro più breve e meno azzardato; staremo attenti nella scelta delle munizioni che, pur nell’ordine dei 26 grammi di piombo per il 28/70, 32/34 grammi per il 28/76, ci consentiranno, per la numerazione di piombo utilizzata, il tipo di propellente impiegato e l’innesco, di ottenere rosate con una forza di penetrazione e capacità di impatto maggiori rispetto ad altre; miglioreremo le nostre tecniche di mimetismo e capacità di richiamo, per chi le usa.



La caccia al colombaccio da postazione aerea

Utilizzare il calibro 28 in quella che è una delle forme di caccia più praticata, al centro nord soprattutto, e più tecnica e cioè la caccia al colombaccio da appostamento fisso e aereo, ritengo sia una forzatura. Infatti, nonostante il richiamo dei volantini e dei piccioni sulle racchette, in questa forma di caccia i tiri saranno sempre su lunga e lunghissima distanza perché si spara su uccelli in transito e l’utilizzo di piccoli calibri, come il 28 appunto, risulta essere un po’ azzardato perché difficilmente si riuscirebbe a portare a bersaglio un numero tale di pallini da consentire l’arresto in volo di questi eccezionali e forti volatili quali sono i colombacci. Per ottenere qualche metro in più si potrebbe ovviare utilizzando numerazioni di piombo maggiori ma le rosate risulterebbero troppo sguarnite e rade, rischiando così di mancare facilmente il bersaglio o di colpirlo in modo marginale.

Se nella caccia al colombaccio l’utilizzo del calibro 28 non rappresenta nessun vantaggio in termini di carniere e prestazioni venatorie, nella caccia al palco lo è ancor meno in quanto non potremo sfruttare la leggerezza dell’arma; non potremo sfruttare la leggerezza delle munizioni né il tipo di rosata che ci offre il calibro 28 in quanto, al contrario, si esige l’utilizzo di munizioni con grammatura pesante e polveri progressive perché i tiri avvengono sempre su distanze lunghe che per il piccolo calibro costituirebbero l’eccezione e mai la prassi.

Discorso diverso se si considera la caccia a terra al colombaccio in pastura o al rientro, e la caccia vagante.



Il calibro 28 e la caccia al colombaccio a terra in pastura e al rientro

Nella caccia al colombaccio a terra nei luoghi di pastura è possibile utilizzare il piccolo calibro 28 perché se si riesce a ben impostare l’appostamento, sia esso fisso o temporaneo, si avrà la possibilità di sparare i colombacci a distanze medio lunghe, diciamo tra i 25 e i 30 metri, che per il calibro in questione rendono l’attività venatoria molto più performante, adrenalinica e soddisfacente per chi la pratica.

Sia che si effettui nel periodo estivo che in autunno inoltrato o inverno, la caccia d’appostamento al colombaccio in calibro 28 presuppone uno studio a monte, oltre che del tipo di fucile, della lunghezza delle canne e strozzatura, e munizionamento, anche e soprattutto del luogo dove andremo ad insidiare il colombaccio.

Sia che si tratti di una stoppia, quindi, di un granturcheto o di un uliveto meglio che di un querceto il cacciatore con il calibro 28 dovrà saper individuare in che modo si muoveranno i selvatici quando arriveranno sul luogo di pastura, quali saranno i punti di buttata, quelli di ingresso e di uscita.

Se si utilizzano stampi a terra è anche sufficiente posizionarli ad una distanza non superiore ai 25/30 metri dalla nostra postazione per avere un buon tiro. In tali situazioni anzi si può affermare che l’uso del calibro 28 con le opportune strozzature e munizioni risulta essere anche più performante rispetto ai calibri superiori, la stretta sezione della camera di scoppio, infatti, ci consente di ottenere rosate si più piccole ma molto concentrate e con una p/max di tutto rispetto. In questo modo anche se il numero di pallini a bersaglio sarà inferiore rispetto ai calibri maggiori, questi risulteranno essere più performanti ai fini della penetrazione e dello shock che provocheranno colpendo il selvatico nei punti vitali.

 

 

Un aspetto da non trascurare in questa forma di caccia è la capacità mimetica perché non saremo coperti dalle fronde dei palchi e, se non si appronteranno delle parate, saremo ben visibili alla vista acuta dei diffidenti colombacci che saranno pronti a virare al primo accenno di pericolo costringendoci a produrci in tiri molto lunghi e spesso inutili.

Da esperienza personale ho potuto constatare che immobilismo e mimetismo saranno i nostri unici alleati in questa caccia e ci consentiranno di poter effettuare dei soddisfacenti tiri medio/lunghi. Questo è un aspetto che a me piace molto curare, perché utilizzando il piccolo calibro con cartucce da 22, 24 o massimo 26 grammi, mi piace sparare i colombacci molto all’interno dei limiti del tiro utile dell’arma, prima di tutto perché per sfida personale voglio riuscire a celare la mia presenza il più possibile al selvatico, poi perché voglio essere quasi sicuro del tiro e non mi piace “fare rumore” sventagliando schioppettate o ferendo inutilmente selvatici, inoltre perché mi piace osservare l’impatto pieno del piombo sull’obiettivo che ci regala quelle spiumate strepitose.

Negli anni ho appreso che le tecniche di mimetismo da porre in essere nella caccia al colombaccio con il calibro 28, non sono poi così assurde o proibitive. La cosa più semplice sarebbe acquistare una parata e montarla ma questo ci vincolerà ad un appostamento difficile da spostare all’occorrenza. Per chi preferisce essere più libero deve tenere a mente che quello che va coperto è il viso, specie se come me si portano gli occhiali, le braccia, se si caccia in estate e sarebbe opportuno evitare di far riflettere le parti cromate del fucile.

 

Per il resto un buon abbigliamento mimetico, una postazione fortemente ombreggiata di mattina o nel primo pomeriggio, un riparo naturale di fronte a noi come un cespuglio, avere sempre il sole alle spalle, sono accorgimenti che ci consentiranno di celare la nostra presenza agli occhi attenti dei colombacci quel tanto che basta a farli arrivare a portata di tiro.

Per l’uso del calibro 28 nell’appostamento al rientro, vale quanto detto prima, cioè la conoscenza del territorio e i punti di affilo o di ingresso dei colombacci che si recano verso gli alberi di appollo. È però necessario, soprattutto in questo momento della giornata di caccia, che si tenga conto di un fattore importante: il vento!

Infatti, una volta individuato il luogo dove fare il rientro, sarà un carrubeto, gli alti pini frangivento di un agrumeto, un uliveto posto sul fianco di una collina, dovremo considerare che tipo di vento soffia. Meglio se proviene dai quadranti occidentali, perché ci consentirà di tenerlo alle spalle, insieme al sole al tramonto, mentre i colombacci seguiranno una traiettoria frontale a noi. Se il vento è abbastanza teso i colombacci tenderanno a volare bassi, la distanza di tiro in questo caso non sarà eccessiva ma ampiamente all’interno del tiro utile del nostro calibro 28 e ci consentirà di effettuare dei bei tiri con soddisfazione per il cacciatore e il carniere.

 

 

La caccia vagante al colombaccio in calibro 28

Nella caccia vagante, invece, l’utilizzo del calibro 28 ci può tornare utile in quanto la sua leggerezza e maneggevolezza ci consentono di risentire meno della stanchezza e di trovare subito nell’imbraccio la linea di mira quando il colombaccio si presenta davanti a noi intento a prender quota perché disturbato dal pasto sia che esso avvenga a terra tra la stoppia, su un albero o in un cespuglio.

In questa forma di caccia il calibro 28 ci consentirà di scarpinare per tutta la giornata tra uliveti, terreni lavorati, stoppie, crinali, boschi senza soffrire troppo la pesantezza dell’arma. In periodo di apertura, con il nostro calibro 28 in spalla seguiremo i bordi dei campi ancora ricoperti di stoppie o i contorni dei vigneti dopo la vendemmia, dove i grappoli radi di uva rimasti attirano i colombacci; in inverno frequenteremo uliveti, querceti e terreni ricchi di lentisco. È in posti come questi che il colombaccio intento a mangiare ci farà sobbalzare col suo battito d’ali potente, mentre cerca di sottrarsi al suo predatore, imbracceremo calcoleremo istintivamente l’anticipo e premeremo il grilletto, e se saremo fortunati vedremo quella fioccata di piume che ci indicherà che il colpo è andato a segno.




 

Scegliere il fucile in calibro 28 per la caccia al colombaccio

Quando decidiamo di insidiare selvatici che presentano una certa mole e capacità di resistenza alle ferite e al piombo, e che ci costringono a tiri medio/lunghi, utilizzando il calibro 28, si deve stare attenti alla scelta del tipo di arma che impiegheremo. La norma in generale vuole che le caratteristiche tecniche dell’arma dovranno essere sempre proporzionate al tipo di caccia e al tipo di selvatico che si intende cacciare.

Poco importa che fucile sceglieremo, semiautomatico o basculante dovrà essere quello che più si adatta alle nostre caratteristiche, anche se per la forma vagante ritengo che la doppietta risulti essere più appropriata. Per cacciare il colombaccio in appostamento non si può prescindere dall’utilizzare canne da 71 cm almeno o 76 con strozzature che vanno dal classico ***/* per i basculanti, al ** o * nel semiautomatico.

Le canne più lunghe, ricordiamo, ci aiutano molto nei tiri lunghi a seguire il bersaglio. Molti consiglieranno anche l’utilizzo del calibro 28/76 che a parità di distanza, utilizzando delle munizioni più pesanti da 32/34 grammi, ci fornirà una maggiore quantità di piombo aumentando le possibilità di colpire il bersaglio nei punti vitali. Sotto questo aspetto devo dire che il calibro 28, rispetto ai calibri maggiori, non si trova su un piano inferiore, anzi forse è più avvantaggiato, in quanto la stretta sezione della camera, che è spesso compresa tra 14 e 14.2, che rappresenta la specificità del calibro stesso, ci regala rosate concentrate ed omogenee che forniscono al piombo un’ottima capacità d’arresto e penetrazione. Semmai bisognerà calcolare diversamente l’anticipo del selvatico perché avendo rosate più piccole e dense a disposizione, con minore sciame di coda rispetto al calibro 12 o al 20, si comprende bene che bisogna essere più precisi e non abbondare troppo negli anticipi.

 

La cartuccia in calibro 28 per il colombaccio

Come tutta l’impostazione della caccia al colombaccio, anche la scelta della cartuccia in calibro 28 da utilizzare non può essere casuale. In questa forma di caccia, di norma, sarà necessario selezionare delle munizioni la cui numerazione di piombo non sia inferiore al 7 ½, perché ci fornisce il giusto equilibrio tra forza impattante del piombo e densità della rosata; questa numerazione la potremo utilizzare in prima canna nel periodo di apertura quando il selvatico è meno diffidente ed ha la muta estiva delle piume, fino ad arrivare al 5 che utilizzeremo di seconda canna per recuperare un tiro non andato a segno, o di prima canna quando il colombaccio è più diffidente e si mantiene su distanze maggiori o presenta maggiore resistenza al piombo dopo la muta invernale delle piume.

La numerazione individuata ci risulta adeguata alla mole del selvatico e dispone di un’adeguata velocità e forza di penetrazione. Le compatte rosate del calibro 28 con questa numerazione di piombo, consentiranno di colpire il selvatico in diversi punti vitali, traducendosi ciò in uno shock letale. Per i grammi di piombo da impiegare sarà necessario orientarsi sulle cariche massime per il calibro 28/70 o su cariche magnum e in questo caso si utilizzerà il 28/76.

 

Proprio della ditta Baschieri & Pellagri risulta essere interessante l’Extra Rossa HV e la Max, che pur avendo 30 grammi di piombo è caricata su bossolo da 70mm. Questa munizione ci mette a disposizione una numerazione di pallini del 7 ½-6-5 raggiungendo un pressione di 800 bar e una velocità di 37 m/s. Tale munizione risulta indicata in questa forma di caccia, in cui il volo dei selvatici non risulta essere molto veloce, in quanto spinge più lentamente la dose di piombo conferendole una forza di impatto maggiore rispetto ad altre munizioni che hanno maggiore velocità e pressione inferiore.

Decisamente interessanti sono i dati della Extra Rossa Magnum che per una velocità di 400 m/s ci fornisce una pressione di 930 bar. Del tutto adatta, quindi, al tipo di caccia e di selvatico che andremo ad insidiare.

Nella scelta della munizione però, c’è da dire, che molto dipende dallo stile e dalle abitudini del cacciatore, e dalle cartucce con cui è abituato a sparare; ad esempio, personalmente, nella caccia ai colombacci all’apertura, con il sovrapposto calibro 28 canne 71 ***/* preferisco utilizzare una cartuccia del 9 o dell’8 di prima canna e magari una del 7 ½ o del 6 di seconda canna, ma sempre per il concetto che mi piace sparare entro i trenta metri e queste numerazioni di piombo mi forniscono la giusta densità di rosata e una forza impattante sufficiente a colpire mortalmente il colombaccio. Viceversa quando mi capita di utilizzare il 28 “Turco” monto uno strozzatore Gemini in/out da 10 cm ** che porta la canna a 75 cm, ed utilizzo il 7 ½ già in prima canna, così facendo riesco ad effettuare dei tiri leggermente più distanti.

 

Conclusione

Alla fine mi piace ribadire sempre che l’utilizzo del piccolo calibro a caccia non vuole rappresentare una sfida a chi non lo utilizza, o un voler dimostrare di essere più bravi o migliori degli altri. Il calibro 28, per chi lo usa durante tutta la stagione venatoria, incarna uno stile di caccia tutto suo che non può essere messo a paragone o in competizione con altri calibri e che non è legato ai facili entusiasmi di una moda passeggera. Pertanto ben venga l’utilizzo del calibro 28 in forme di caccia come quella al colombaccio, tenendo sempre a mente le caratteristiche dell’arma che abbiamo in mano e del tipo di munizioni che spariamo.

In bocca al Lupo!