In questo articolo mi occuperò di un aspetto importante nella caccia di selezione, che ogni nuovo selecontrollore si trova ad affrontare e per cui spesso non trova molti aiuti nelle lezioni dei corsi di formazione: la scelta del miglior calibro per la caccia agli ungulati.
Dopo oltre vent’anni di caccia di selezione, nella quale, grazie alla possibilità offerta dall’avere un genitore collezionista, ho potuto sperimentare decine di calibri diversi dal 5,6x61 fino al 9,3x74, su tutti gli ungulati italiani dal capriolo al cervo, passando per camoscio, daino, muflone e cinghiale, ho maturato l’idea che sia sempre più necessaria una conoscenza balistica approfondita, che va oltre le nozioni base dei corsi di abilitazione, per fare la migliore scelta possibile.
Nei corsi di preparazione infatti si tende, purtroppo per esigenze di tempo, a fornire indicazioni di carattere generale, riducendo al diametro dell’ogiva la scelta della munizione per le singole specie, cosi per il capriolo il 6 mm, per il cervo dal 7 mm e così via.
In realtà la scelta del calibro adeguato al tipo di caccia praticato è influenzata da numerose variabili, spesso in contrasto tra loro e per le quali il cacciatore deve trovare un equilibrio anche in un’ottica di costi / benefici.
Cosa significa scegliere il calibro più adatto?
Cerchiamo di fornire un piccolo vademecum al quale il neo-cacciatore di ungulati dovrebbe attenersi al fine di fare una scelta consapevole.
In base alle proprie esigenze e capacità economiche, il cacciatore potrà valutare se optare per un calibro all-around, vale a dire utilizzabile su tutta la selvaggina, magari cambiando solo il tipo di palla in relazione al selvatico (e premunendosi di tarare ad ogni cambio nuovamente l’arma!), oppure dotarsi di più calibri specifici per i singoli animali da insidiare, posto che oggi numerosi costruttori offrono sia nelle carabine che nei basculanti la possibilità di avere canne intercambiabili.
Non è assolutamente lo scopo di questo scritto dire quale calibro sia migliore degli altri, anche perché credo che un’affermazione di questo tipo sia influenzata dalle proprie idee, che non posso e non voglio estendere forzosamente agli altri, lo scopo invece sarà di fornire adeguati strumenti per valutare, in funzione delle proprie esigenze, quali siano (al plurale) i calibri più adatti.
"La vera esigenza nella scelta di un calibro per la caccia, sulla quale non si può prescindere, è quella di fornire all’animale colpito, qualunque esso sia, un abbattimento immediato e con le minori sofferenze possibili, limitando al minimo le ipotesi di ferimenti."
Ovviamente l'abbattimento immediato è figlio anche di altri fattori oltre al calibro, la precisione del colpo o il tipo di ogiva usata per quel calibro per esempio, ma la scelta di una munizione già improntata a quest’ottica eviterà scelte diciamo eufemisticamente “superficiali” per l’abbattimento di certi animali.
Senza voler gettare la croce su nessuno, è ovvio che anche un 5,6x50R se il colpo termina nell'area vitale del retro spalla comporta la morte immediata di un capriolo a 150 metri.
Ma se l’animale fosse a 200m e ahimè strappassimo un po’ al momento del tiro?
Solo l’intervento del cane da traccia ci permetterebbe poi di recuperare l’animale ponendo fine alle sue sofferenze.
Quindi prima di addentrarci nello specifico, credo che un vecchio adagio latino debba essere scolpito nella mente di chi sceglie un calibro per la caccia (non per il tiro, il cartello non soffre, al poligono usate quello che desiderate!):
MELIUS ABUNDARE QUAM DEFICERE!
Procederò nell’analisi in maniera inversa rispetto a quanto è stato insegnato, vale a dire prima analizzeremo quali sono le caratteristiche che una munizione a canna rigata deve avere per offrire quella capacità di dare una morte immediata e in base alle stesse cercherò di creare una guida per te.
Cosa serve sapere per valutare la "la mortalità immediata” di una munizione
Il momento chiave di qualsiasi azione di caccia è quando l’ogiva colpisce l’animale cedendo l’energia che possiede, causando ematomi, lacerazioni cui dovrebbe seguire la morte immediata del bersaglio.
Analizzando questo momento frame by frame come se fosse un film, troviamo tutti gli aspetti da considerare nella scelta della munizione:
- Il colpo va a segno: quindi la munizione deve avere la massima precisione intrinseca, per garantire che quasi ogni volta che tiriamo il grilletto l’azione si concluda con l’entrata della palla nel corpo del selvatico, possibilmente dove abbiamo mirato!
- Cessione di energia sufficiente: la munizione deve conservare alle distanze più ricorrenti di tiro una energia residua sufficiente a causare lo shock in capo all’animale.
- Causare ematomi ed effetti lesivi terminali che portino alla morte immediata: e qui entra in gioco il tipo di ogiva, le sue caratteristiche costruttive, che devono massimizzare la cessione di quell’energia residua che è arrivata sul bersaglio.
Sul primo aspetto, la precisione intrinseca, posso affermare senza tema di smentite che ai fini venatori, praticamente tutti i calibri offrano prestazioni in grado di garantire un corretto tiro, infatti anche se alcuni non garantiscono rosate da “bench rest” sicuramente permettono comunque di piazzare il colpo nei punti vitali.
Ciò che deve essere valutato in termini di precisione dal neo cacciatore è, piuttosto, una volta scelto il calibro, trovare l’ogiva che meglio si adatta alle caratteristiche della canna della propria carabina.
Photo credits: Serena Dollini
Conoscere il passo di rigatura della propria arma è il primo passo per approcciarsi correttamente alla scelta dell’ogiva migliore, per farlo basta chiedere o all’armiere da cui la si è acquistata oppure con una ricerca su internet.
Gli altri due aspetti invece sono più strettamente legati alla scelta personale operata dal cacciatore, e in particolare l’aspetto dell’energia residua è in funzione principalmente del calibro scelto, mentre la capacità di cedere tale energia al momento dell’impatto dipende dal tipo di ogiva scelta.
Riassumendo:
- Calibro » Energia residua sufficiente
- Ogiva » Capacità di cedere quell'energia in modo efficace
Due criteri per la scelta del calibro ideale: energia e distanza di tiro
La scelta del calibro quindi deve dipendere dalla quantità di energia che vogliamo arrivi sul nostro bersaglio ad una predeterminata distanza.
Vale la pena spendere due parole sull’energia cinetica di un proiettile, misurata in Joule, che può essere calcolata con le seguenti formule a seconda che si utilizzi come unità di misura il Joule (J) o il Chilogrammetro (kgm):
E (J) = (G•V²)/2000 oppure E (kgm) = (G•V²)/2000•9,81
G: è la massa del proiettile in Grammi
V: è la sua velocità in M/S.
Appare del tutto evidente come le variabili in gioco siano la massa del proiettile e la sua velocità, che viene elevata al quadrato, incidendo in maniera più sensibile sulla determinazione dell’energia rispetto al peso dell’ogiva.
Si può quindi tranquillamente affermare che un calibro più veloce porti maggiore energia sul bersaglio, anche se magari utilizza un’ogiva più leggera, ed è questa considerazione unita alla radenza della traiettoria che permette di evitare complessi calcoli sulla parabola del tiro che ha portato negli anni a preferire calibri tesi e potenti.
In verità negli ultimi tempi, l’avvento delle torrette balistiche e dei telemetri sempre più sofisticati, uniti all’uso di ogive atossiche, più leggere e dal coefficiente balistico migliore, ha fatto riscoprire il fascino delle munizioni più lente ed “agée” quali il 7x57 Mauser o l’8x57.
Il neo cacciatore che deve quindi effettuare la sua scelta e non ha conoscenze specifiche può tranquillamente cercare sulle scatole delle munizioni commerciali i dati dell’energia sprigionata alla bocca e alle varie distanze, che vengono stampate dai costruttori unite alla velocità rilevata.
Ricordo per i non esperti che queste informazioni sono derivate dai test effettuati su carabine bolt action con, di solito, canne standard di 60 cm e prive di freni di bocca, è sempre opportuno verificare la velocità iniziale mediante una rilevazione empirica effettuata con un cronografo, che ormai si trova in commercio a poche centinaia di euro.
Radenza
La radenza, viene spesso intesa sic et simpliciter come la caratteristica di creare traiettorie piatte o poco calanti oltre i 200 metri.
In realtà sarebbe più giusto definirla la caratteristica di alcune combinazioni calibro/palla di avvertire poco la “ritardazione”ovvero la perdita di velocità, più semplicemente di mantenere traiettorie molto tese anche ai limiti del tiro, e parallelamente di conservare elevate velocità residue di impatto alle maggiori distanze, ad importante vantaggio dell’energia cedibile e della penetrazione.
La radenza è una delle doti balistiche necessarie per sparare in talune condizioni ed ambienti a distanze di 300/400 metri come ad esempio nella caccia al camoscio o ad altra fauna montana difficilmente avvicinabile.
In questi ambienti si deve tenere in considerazione che la radenza molto spinta, coniugata ad una palla balisticamente avvantaggiata da una forma aerodinamica ben studiata e da una buona DS, avrà una influenza positiva anche sull’effetto sempre nefasto alle lunghe distanze del vento laterale. Ultimo ma non meno importante, una cartuccia/calibro potente e radente, consentendo una migliore ritenzione dinamica alle massime distanze, manterrà un maggior potere lesivo ed una immediata micidialità ai limiti del tiro.
La scelta dell'ogiva: quali sono le diverse tipologie
Una volta che abbiamo deciso su quale calibro orientarci il secondo passaggio, non meno importante, è decidere quale palla utilizzare per garantire la massima cessione di quell’energia di cui abbiamo trattato prima.
La scelta non è di poco conto, infatti le rilevazioni della quantità di energia alle varie distanze che troviamo indicate dai costruttori si riferiscono alla quantità presente senza alcun impatto, ma non è assolutamente scontato che tutta questa energia si trasferisca sul bersaglio, anzi!
La cessione di energia, senza dilungarci in formule matematiche, è funzione della composizione dell’ogiva e della resistenza che offre il bersaglio.
Un animale più “tenero” come un capriolo tenderà ad offrire meno resistenza e quindi comporterà una cessione di energia minore rispetto ad un cinghiale, così come una palla “soft point” offrirà una maggiore deformazione, quindi con una cessione di energia maggiore rispetto ad una palla “full metal jacket”.
Per aiutare nella scelta delle ogive possiamo raggrupparle in categorie con le loro caratteristiche principali, senza, volutamente, citare alcun marchio/produttore, tanto sarà semplice poi per chi volesse cercare, scoprire le varianti dei singoli produttori.
- Espansive: Sono la quasi totalità delle palle offerte dalla produzione corrente. Questi sono concepiti per espandersi, ed in alcuni casi frammentare nel corpo del selvatico, causando quelle vaste lesioni che possono abbatterlo immediatamente.
- Mantellate: Costituite da un nucleo di piombo indurito, rivestito completamente da una camiciatura di metallo tenero (rame o lega).
- Blindate: Sono studiate per la caccia ad animali provvisti di alta resistenza. Il loro scopo è di non deformarsi nell’impatto e attraversare anche vaste superfici di muscoli ed ossa, per scaricare al massimo l’energia in una massa corporea grande e compatta.
I proiettili in commercio possono essere anche una combinazione di due caratteristiche, vale a dire possono avere una parte espansiva, di solito la parte apicale e mantenere la base più dura e camiciata per favorire la penetrazione.
Normalmente nella caccia alla selvaggina europea, caratterizzata da bassa pericolosità e bassa resistenza se paragonata alla selvaggina africana per esempio, si tende ad utilizzare i proiettili espansivi, con magari qualche accorgimento costruttivo come si diceva sopra.
Tra i proiettili espansivi la tipologia è molto vasta e si va dal semplice proiettile incamiciato con punta a piombo scoperto di morbida consistenza (Soft Point), al tipo a punta cava (Hollow Point), a tutta una serie di proiettili speciali ad espansione controllata.
In genere l’espansione viene ottenuta in vari modi differenti a seconda delle ricerche effettuate dai costruttori, che hanno a volte persino brevettato il sistema scoperto. Ecco i principali:
- Usando camiciature a spessore scalare più sottili verso la punta
- Usando differenti leghe di piombo, indurito da percentuali variabili di antimonio, Sb (tra 2-3 e 9 per cento), con effetto sulla durezza, tenacia del nucleo e quindi della sua deformabilità/frammentabilità
- Aumento della durezza del codolo nei confronti del resto del proiettile
- Indebolimento dei proiettili in punti prestabiliti
- Rinforzamento di una parte a discapito di un'altra
- Modifiche sulla punta (puntalino in plastica che favorisce l’affungamento) o al centro del nucleo (presenza di materiali diversi per la parte apicale rispetto alla coda, separati da una lamina in rame).
Tutto quanto detto vale tanto per le ogive tradizionali (che contengono piombo per intenderci) quanto per quelle lead-free, vale a dire prive di piombo, che troppo spesso vengono identificate con il termine non errato ma riduttivo di “monolitiche”.
Il termine monolitica sta a significare che la stessa è composta da un solo materiale (di solito rame), il cui comportamento può essere tanto a frammentazione quanto a deformazione (affungamento) a seconda delle scelte fatte dal costruttore, mentre il termine lead-free o senza piombo indica che nella costruzione di quell’ogiva non è stato utilizzato il piombo, ma nulla vieta che la stessa possa essere composta di materiali differenti (rame, stagno) ad esempio con due nuclei di durezza variabile.
Volendo semplificare al massimo potremmo indicare in una tabella la capacità di cedere energia e di penetrare nei tessuti del bersaglio delle ogive, tenuto conto che al crescere della durezza del selvatico diminuisce la capacità di penetrazione ma non la cessione di energia che anzi aumenterà fino al 100% comportando un impatto solamente superficiale, che causerà ferimento e mai morte dell’animale.
In conclusione la scelta del tipo di palla dovrà essere indirizzata a quella che in base alle caratteristiche del bersaglio (maggiore o minore durezza e resistenza) offre la massima cessione di energia possibile, garantendo comunque una fuoriuscita dal corpo, perché ciò offre la possibilità di causare emorragie esterne che spesso diventano determinanti anche nel malaugurato caso di intervento del cane da traccia.
Un’ultima caratteristica molto importante da conoscere e valutare nella scelta di un’ogiva, che poi sarà richiesto anche per il calcolo della traiettoria da tutti i software balistici è il coefficiente balistico.
Ma cos’è esattamente?
Il coefficiente balistico di un determinato proiettile è il risultato della combinazione dei valori che esprimono la densità sezionale e l’indice di forma del proiettile. Indica la maggiore o minore attitudine di un dato proiettile a vincere la resistenza del mezzo attraversato.
Una volta capito cosa cercare in una munizione, analizziamo ora i vari aspetti che devono guidare la scelta di un calibro in relazione alla tipologia di caccia.
Specie e tipologia di selvaggina
Se prima ho detto che la ripartizione sommaria diametro palla-specie selvatica è appunto approssimativa, è pur vero che il cacciatore deve misurarsi con un determinato animale.
Quindi l’analisi della specie da cacciare rappresenta un punto dal quale iniziare a districarsi nel mare magnum dei calibri disponibili nelle armi a canna rigata, cresciuti negli ultimi anni in maniera esponenziale, a volte più per inseguire mode e accaparrarsi quote di mercato che non per reali esigenze tecnico/balistiche.
Il neo cacciatore di ungulati, che magari conosce gli animali che insidierà nel breve futuro solo dai libri, avrà però ben chiaro quale sarà il suo obiettivo nell’immediato, posto che poi in futuro l’augurio è quello di riuscire a cacciare tutti gli ungulati italiani che offrono ognuno emozioni differenti ma intensissime.
Le specie cacciabili con la carabina sono numerosissime nel mondo e non sarebbe utile ma solo dispersivo tentare di raggrupparle, quindi per ragioni di economicità mi limiterò ad analizzare le specie di ungulati cacciabili in Italia: capriolo, camoscio, muflone, daino, cervo e cinghiale.
Ognuna di queste, sebbene abbia delle affinità con altre (dimensionali, di habitat, di resistenza etc...) ha delle peculiarità, che orienteranno la scelta su un calibro piuttosto che un altro.
Cercherò di semplificare, mi perdonino i puristi, analizzando ogni singola specie prendendo in esame solo i seguenti aspetti:
- Energia necessaria per abbattimento immediato (alla distanza in cui si trova il bersaglio)
- Distanza media di tiro
- Durezza e resistenza (la esprimerò con ♦ a numero maggiore corrisponde durezza maggiore)
Incrociando i dati di questa semplice tabella con le informazioni reperibili sulla scatola delle munizioni per energia e tipo di ogiva dovresti essere in grado di abbinare la munizione alla specie da cacciare.
Questo metodo di scelta permette di prendere in considerazione, pur senza mai citarle apertamente, tutte quelle variabili che intervengono normalmente nella scelta di un calibro, come ambiente e scenario di caccia.
Ti basterà capire a che distanza sparerai e a quale animale, poco importa ai fini della scelta se siamo a 2500 m di altezza o sul livello del mare.
Una breve considerazione sul tipo di caccia nella scelta della munizione appare opportuna in relazione al cinghiale, considerando la possibilità di insidiarlo in battuta/braccata o in caccia di selezione.
Le prime forme di caccia di solito obbligano a tiri a breve distanze spesso nel fitto della macchia e pertanto richiedono ogive che, oltre ad avere le caratteristiche sopra esposte non scarichino tutta l’energia al momento dell’impatto, e non abbiano velocità elevate, per non deformarsi irrimediabilmente in caso di impatto con il fogliame, mentre per le seconde restano valide le considerazioni fatte per gli altri animali.
In battuta/braccata al cinghiale sono quindi preferibili ogive più dure e più lente, e calibri più grandi rispetto al tiro di selezione al medesimo animale.
In braccata e nelle cacce collettive in genere le palle ideali non sono quelle "dure e strutturate" che risultano troppo penetranti e quindi pericolose per cani ed altri partecipanti.
Le palle “dure e strutturate” nascono per essere piazzate con la migliore precisione possibile su un punto vitale e lavorare quindi su organi interni importanti.
Nelle cacce collettive il 95% dei tiri viene realizzato su animali in movimento se non in corsa, dove colpire con precisione un punto vitale sarà quantomeno difficile.
Infatti sono invece ottime e riconosciute le migliori da anni quelle palle standard di tipo "Soft Point" che soprattutto se con profilo apicale rotondeggiante detto "Round Nose" o piatto “Flat Point”, sono capaci di portare alla balistica richiesta in queste condizioni (breve distanza e tra la vegetazione) le caratteristiche migliori e più adeguate ad un perfetto e rapido abbattimento.
Per concludere
In questo breve articolo ho cercato di offrire un metodo che guidi il cacciatore in una scelta consapevole e non legata a mode o consigli “da bar” del calibro da utilizzare nella caccia ai grandi ungulati italiani.
Come detto nel corso della trattazione è sempre preferibile eccedere rispetto a scarseggiare, perché se è vero che il tiro deve essere sempre indirizzato al bersaglio vitale, un calibro o una palla di maggiore impatto possono correggere piccoli errori nel piazzamento del reticolo sul bersaglio.
Scrivi un commento