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Ti racconto perché andare a caccia è il mio modo migliore di vivere

Andare a caccia è il mio modo migliore di vivere, è la sensazione più bella, più appagante che io possa provare, non è questione di uccidere o catturare.

Credo sia invece quel calarsi in una dimensione diversa, che per l'ambiente, l'emozione e l'atavico istinto a predare ciò di cui necessitiamo per nutrire i nostri cari e noi, ci fa sentire uomini, tutori dell'ambiente ed appassionati amanti della Natura e degli animali selvatici.

Ho trovato un mio vecchio racconto di caccia che è la cronaca di una giornata veramente vissuta e descritta con minuzia di particolari. Era il 1986, avevo 24 anni, e la mia passione era già fortissima, forse più di adesso.

 

Foto-Gianluca-Garolini

 

Nel racconto emerge anche la mia infinita passione per la balistica, le armi e le cartucce, materia su cui ho poi impostato la mia intera esistenza fin qui vissuta. Dedico questo ricordo agli amici che non sono più accanto a me, a quelli che ancora ci sono e dividono con me sorrisi e fatti quotidiani della vita e soprattutto la passione per la caccia, con le sue cartucce e i fucili.

 

 

Iniziamo dagli anni 70'


In quegli anni la Beretta decise di produrre per i propri atleti campioni di tiro al piccione con l'automatico, una serie di canne speciali selezionate, per la loro balistica non comune, eseguite e regolate probabilmente da qualche cannoniere che lavorava presso la Grande Casa del Tridente.

Ricordo con piacere come in quei decenni come il tiro al volo, al piccione, al piattello, allo storno, al fintello, erano discipline nobilissime e signorili.

Il tiro al piccione era un importante fonte di reddito per lo stato e tante aziende. Era l'occasione per creare grandi raduni e gare nel mondo intero, era l'occasione per costruire impianti di bellezza ed eleganza storica, in cui competizioni emozionanti lasciavano senza fiato a bocca aperta ed in silenzioso rispetto il pubblico, davanti a campioni impegnati nel loro turno di gara.

 

Tiro-Piccione-Foto-Storica

 

Tutto questo accadeva negli anni in cui il mondo era diverso.

Prima che animi iper critici e sedicenti salvatori di tutto, infarcendo ogni cosa di motivazioni poco credibili, facessero scomparire un mondo, un epoca, un modus vivendi e anche quella bella e serena tipologia di vita che si conduceva allora.

Il tiro a volo permetteva alle aziende munizioneristiche ed archibugiere di portare in gara e mostrare in queste occasioni ai concorrenti ed agli appassionati, la parte migliore, più sottile ed intrigante della loro capacità. In questi scenari apparivano regolarmente le cartucce più fini e di miglior produzione dedicate appunto al tiro al piccione come i fucili più raffinati, costruiti su meccanica accuratamente rifinita a mano e quasi sempre incisi come autentiche opere d'arte.

A proposito delle canne speciali create dalla Beretta per i propri tiratori che usavano il fucile semiautomatico, posso dire che dopo anni di ricerche, una di queste canne la trovai da ragazzo, poi ne seguirono altre quattro, infatti in 33 anni sono riuscito a trovarne 5.

Sono tutte tecnicamente uguali con una lunghezza di 71 cm e strozzatura effettiva di 5,5 decimi, quindi quella comunemente definita 3***. Quattro con bindella vecchio tipo saldata a stagno ed una senza bindella.

Col tempo ne ho conservate solo due, le prime.

Tutt'oggi la mia preferita è la prima, acquistata nel ottobre 1985 a Modena, all'armeria Palmieri, la presi senza aver notato quel punzone che conoscevo bene, ma che non vidi subito e che ho trovato per caso con emozione dopo averla usata e pulita alcune volte.

La Beretta SP per automatici A300 / 303 è una canna che ha qualcosa di inspiegabile. 

Non fa rosate "belle" che possano far restare allibiti, non troppo rotonde e regolari, anzi nulla di sconvolgente, ma è a caccia che ci si rende conto della differenza, con la mia vecchia 71/*** SP ho chiuso dei colombacci a distanze tali che giuro, mi sono guardato intorno per capire se avesse sparato qualcun altro!

 

 

E poi in un mattino di metà Ottobre nel lontano 1986


Un mattino di metà ottobre del 1986, nella consueta vacanza venatoria colombacciaia vicino a Lizzano in Belvedere, con il mio vecchio amico di una vita, Luciano, mi resi finalmente conto di cosa fosse questa canna SP, a proposito,
la sigla sta per "Speciale Piccione".

Ero sul Monte Belvedere alla Querciola, poco sotto l'antenna, al valico, in attesa dei colombacci. Avevo il mio Breda Altair Special preso come nuovo due anni prima con questa canna acquistata l'anno prima e non ancora ben capita, pur se all'apertura avevo notato un effetto "curaro" su ogni fucilata sparata ai fagiani.

 

Breda-Altair-Special

 

Dal fondo della grande buca a nord-est dell'antenna, all'alba vedo arrivare un piccolo stuolo di colombacci, montano, montano e a 60 / 70 metri mi deviano in modo naturale davanti e sfilano verso sinistra.

Li guardo e decido di buttare una fucilata davanti al piccolo drappello ancora raccolto ed ordinato, non appena siano alla distanza minore. Infatti giunti sui 45 / 50 metri intuisco che di più non si avvicineranno e con una JK6 del n. 5 del grande vecchio caricatore Mario Gaiani, anticipo di oltre due metri e senza fermare la canna sparo.

Il colombaccio mirato, quello preso a riferimento, si accartoccia in aria e cade spiumando tra le felci e l'erba coltellina secca molto sotto di me, lo trovo spento, 4 pallini nel petto e nel collo.

Passano circa un paio d'ore e con la mia allora "vista da aquila" di ben 15 decimi, vedo netto uno stornello, che da solo risale la grande buca sotto all'antenna, sfianca anche questo molto a sinistra e quando è alla distanza minima, non sotto i 60 metri lo anticipo di 2,5 forse 3 metri e stringo.

Vedo il fagottino nero cadere dentro alla prima fila di abeti del bosco e là lo trovo fulminato da due pallini al petto e testa.

Ma è verso le dieci che mi rendo conto di cosa sia veramente questa canna, spostandomi sono sceso di molti metri e tra due macchie di faggi dove passano ridacchiando le ghiandaie. Ne ho già fulminate 4 con le JK6 gialle supercorazzate del n. 4 e del 5 caricate da Mario con la sigla M2, marchio della sfortunata Armeria Marte2 di Cadriano, da lui condotta.

Ad un tratto dalla cima degli abeti che ho davanti tra il netto fruscio emozionante delle loro remiganti, sbuca unito un branco di migrazione di 120 / 140 colombacci.

 

Colombacci-Stormo-Volo

 

Sono a distanza ottima, come li vedo sono a tiro, quindi scatto in piedi e con meno di mezzo metro di anticipo fulmino il capo-stormo che mi cade davanti ai piedi. Quindi prendo quello più visibile del branco, che frattanto si è lasciato scivolare all'indietro, e lo centro con un anticipo di 2 metri buoni fioccandolo sulla pineta sotto, oltre i 40 metri.

Inizio a pensare a quella canna con "soltanto" tre stelle ovvero 5,5 decimi di strozzartura, con grande stima, quella vera, e con una tacita ammirazione.

Recupero i colombi e resto seduto tra i ginepri guardando a Nord Est, non mi accorgo subito di un branchetto di pochi colombacci locali, che mi sfila da dietro, da Est. Loro però mi hanno visto ed iniziano a deviare, mi alzo e decido di tirare all'ultimo, che sta transitando sulla buca a Nord Ovest, ormai molto lontano, a 50 metri.

 

 

Mi dico che è stato un sogno... saranno almeno 60 / 70 metri!


Calcolo rapidamente la distanza e penso a quanto dovrò portare la canna davanti a quella sagoma ad ali battenti, che si allontana così rapidamente. Infatti con un rapido sbraccio sposto, quasi strappo, la canna molto avanti e leggermente sopra e sparo con una delle solite JK6 corazzate del 4 di Mario Gaiani, che ormai mi sembra abbia messo se stesso in quelle cartucce ottime.

Sembra passare un attimo e il colombaccio ad ali chiuse resta fulminato in aria e cade in verticale sotto al primo di tre giovani abeti lunghi e sottili, simili a cipressi, che sono affiancati ed in scala per altezza.

Mi guardo attorno, lo faccio due o tre volte, poi mi siedo ed attendo beffardo che qualcuno sbuchi per raccogliere quel colombo, ma nessuno esce dalla macchia, a mente misuro ancora la distanza dai tre cipressi, dove e caduto il colombaccio.

Mi dico che è stato un sogno...saranno almeno 60 / 70 metri!

Dopo un attimo mi avvio, trovo i tre abeti sottili e slanciati in scala d'altezza e cerco sotto al primo, poi sotto al secondo ed infine al terzo, nulla!

Con cura sposto e schiaccio le felci con gli stivali di gomma Superga, allargo il cerchio, ma non mi appare nessuna piuma bianca, mi convinco sia stato un sogno, guardo intorno ancora una volta e torno al mio posto per sedermi dietro al mio ginepro di copertura.

Non mi passa la rabbia, mi volto dieci volte a guardare i tre alberelli in scala e mi chiedo se abbia veramente sognato. Eppure ho 24 anni, non sono ancora così rincoglionito!

 

Abeti

 

Solo dopo un buon quarto d'ora e alla trentesima rapida ispezione visiva della zona di caduta, all'improvviso, noto che fuori dal mio campo fin qui focalizzato, un poco più avanti ma molto più a sinistra, ci sono tre abeti slanciati e simili a cipressi, sempre in scala.

Sono quasi uguali ai primi già ispezionati attentamente...il dubbio è atroce.

In un attimo sono sotto al primo, e mentre mi avvicino scorgo già sulle felci una mezza dozzina di piume bianche, sposto la verzura con lo stivale e poco avanti finalmente trovo il mio colombaccio, fulminato da tre pallini che lo hanno colpito al fianco ed al collo.

Il piacere di averlo trovato è immenso!

Sono sazio e felice, quei minuti, quelle immagini e quelle bellissime fucilate, non saranno mai dimenticate, perché sono mie, mie e di quella insignificante, non nota, canna Beretta 71/*** con una poco importante punzonatura SP sopra i marchi del BNP.

Una punzonatura che forse non vuol dire nulla, che forse è solo una fissazione ma fa parte di quello che per me e, in modi diversi, per molti altri cacciatori significa andare a caccia.

 

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Gianluca Garolini

Gianluca lavora come esperto e consulente balistico contribuendo al continuo sviluppo di nuovi componenti e cartucce da caccia. Appassionato cacciatore con più di 30 anni d’esperienza è uno dei massimi esperti italiani nella ricarica per canna liscia e rigata. Grazie all’esperienza in questo campo è stato collaboratore di famose riviste dedicate alla caccia e alla ricarica.

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