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Preapertura della caccia: colombacci, tortore e altro.

Siamo arrivati anche quest’anno alla preapertura della caccia. Per dire in due parole cosa significa “Preapertura”, dobbiamo premettere che l’attività venatoria in Italia si svolge con metodi di caccia differenti, su due tipologie completamente diverse di selvaggina: Selvaggina Migratoria e Selvaggina Stanziale.

Alla selvaggina migratoria appartengono gli uccelli che compiono la migrazione, ovvero lo spostamento stagionale dalle zone ove soggiornano abitualmente a quelle di svernamento, infatti essi migrano alle prime avvisaglie della fine del caldo estivo oppure all’arrivo della stagione fredda; diciamo che il fenomeno migratorio va da fine agosto/settembre a tutto novembre. I colombacci, le tortore e molte altre specie ne fanno parte.

Alla selvaggina stanziale appartengono le specie locali, ferme stabilmente sul territorio che non compiono spostamenti migratori, sono: lepre, fagiano, pernici, starne e tutti gli ungulati.

Dagli anni ’60 per vari motivi si è divisa la caccia in due aperture, una all’inizio di settembre (una volta era a metà agosto) riservata alla caccia da capanno (fisso o temporaneo) alla migratoria, poi alla terza domenica di settembre avremo l’apertura generale della caccia con licenza di cacciare tutte le specie di selvaggina, stanziale e migratoria.

Il primo di settembre 2025, era l’attesa  “preapertura” alla migratoria, di questo anno, noi attendevamo che per la 46ª volta si aprisse la caccia da capanno ai colombacci e tortore, ma anche ai corvidi ed alcune altre specie.

Il piatto forte sono proprio i due columbiformi, il bellissimo e possente re del cielo, l’azzurro aereo da crociera, il colombaccio (Columba Palumbus) e l'affascinante, velocissima e squisita tortora selvatica.

Qualche cacciatore con spirito pregevole di conservazione e protezione della fauna minore, dei nidiacei e dei piccoli animali in genere, si dedicherà ai corvidi, includendo Corvi, cornacchie, gazze e ghiandaie, cacciabili in base ai diversi calendari regionali, iniziativa lodevole che andrebbe premiata da associazioni ed ambiti di caccia locali, con almeno un piccolo sconto sulle tasse venatorie, come accade per chi fa le operazioni di cattura e ripopolamento.

 

 

La caccia in preapertura è affascinante e molto emozionante.

Ci ripaga di mesi di attesa e oziosa attività di osservazione e ci permette di cacciare prede importanti sotto tutti gli aspetti: estetico naturalistico, sportivo e anche culinario.

Cacciare colombacci e tortore, vuol dire qui da noi, cercare già da luglio e individuare un buon punto di affilo di queste prede, in primis nelle zone di pastura più gradite. Le ricerche più fruttuose si fanno nelle prime ore del mattino, ci si avvicina, ma non troppo alle zone in cui appena levate colombacci e tortore  vanno a mangiare, si attendono e contano aiutandosi col binocolo ma ,soprattutto, si individua quella che è la principale vena di afflusso, la direzione e la linea di ingresso nella pastura, particolare basilare per piazzare bene il capanno.

Altra opportunità è in tarda mattinata, per abbeverata e soste al riposo, quindi stagni, maceri, polle d’acqua fresca e pulita, fossi e canali meglio se contornati da piante d’alto fusto, dove dopo l’abbeverata questi uccelli si posano all’ombra per riposare e digerire. Trovare queste zone di riposo nelle ore più calde, non è facile, ma se frequentate da diversi selvatici, avremo la garanzia di sparare ancora qualche colpo a tarda mattinata.

Abbiamo visto quindi che individuate linee di affilo alle pasture naturali, come i girasoli e il sorgo oppure le zone limitrofe a queste coltivazioni trasvolate dai branchetti, il gioco al 90% è fatto, non resta che rimanere sul posto, soprattutto gli ultimi giorni per conservare la posizione “buona” ed attendere. La mattina del gran giorno segue infatti solitamente ad una malanotte, trascorsa in auto a fianco del capanno, per mantenere il posto.

 

lemmi-racconti-di-caccia

 

 

La grande mattina arriva lentamente

Per dare miglior interesse alle prede, si possono disporre stampi e/o giostre soprattutto sulle pasture, l’effetto di questi richiami è spesso decisivo, soprattutto con richiami veri e stampi ricavati da uccelli veri imbalsamati. Il capanno realizzato con cura deve essere una mediazione tra comodità interna, per muoversi e girarsi in ogni direzione e una dimensione, soprattutto in altezza, contenuta. Un buon sistema per dare meno visibilità, molto utile se consentito dal proprietario è sfondare il terreno con la vanga per abbassare di 40/50 cm il capanno, oppure farlo in un fossetto di scolo.

La grande mattina arriva lentamente, gli ultimi minuti non passano mai, poi all’orizzonte echeggia uno sparo, un altro e una saettante tortora appare all’orizzonte, è veloce, ma leggiadra nei suoi frenetici colpi d’ala e in un attimo arriva a tiro, il nostro primo sparo vede quella meravigliosa creatura chiudersi in un fiocco e cadere tra gli steli dei girasoli poco lontano da noi.

Non resistiamo e la raccogliamo, è ancora calda, morbida, in quella straordinaria tavolozza di colori, che ci richiama ogni volta un quadro di Lemmi; un minimo di emozione è legittima, perché è bellissima questa preda, è  il pensiero della tradizionale cena con gli amici più cari e i familiari, che ci leva la malinconia che ci stava prendendo… arrivano altre tortore e mentre entriamo nel capanno siamo già pronti di nuovo a perpetuare questa giornata che è un punto fisso nella nostra memoria, una festa che si celebra una sola volta all’anno in cui il meglio della caccia, l’estetica, la malinconia e la passione si uniscono e diffondono dentro di noi appagando quello che è il nostro più autentico essere, il nostro vero carattere, la nostra più spontanea sincerità e ciò di cui abbiamo bisogno per vivere nel nostro modo più ideale, perfetto e romantico.

 

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Se la preda è il colombaccio, l’emozione non è molto diversa, non è più forte, ma è una variazione in tema ugualmente appagante e emozionante. Ormai l’azzurro aereo da crociera, come lo definiva il nostro autore degli anni giovani, Antonio Granelli, è diffuso da noi, non è più un selvatico di solo passo in fase migratoria, ora è un uccello stabilmente colonizzato qui nella nostra zona, a primavera nel ripasso molte coppie si fermano in pianura padana e si riproducono 4-5 volte creando in buon numero di esemplari diverse generazioni di questo meraviglioso columbiforme. Mentre il carro del sole sta per apparire dalla linea dell’orizzonte, ne vedo uno solo arrivare da dietro, avviso Franco toccandolo, lui aziona prontamente lo zimbello davanti a noi tirando la cordicella del rullo e questo fa compiere al piccione di richiamo un sussulto, apre le ali per tenere l’equilibrio e questo suo movimento è vincente, il colombaccio lo interpreta come l’abituale riposizionarsi dei suoi simili sulla testa del girasole da cui beccano avidi i semi e svolta verso di noi e picchia sul richiamo, lo anticipo di mezzo metro e stringo, è preso, cade a fianco tra la medica fresca, lo raccolgo e mentre lo guardo, con il suo becco giallo e rosso e il collare degli esemplari adulti, Franco mi avverte di un nuovo arrivo, proprio mentre entro nel capanno… arriva una coppia, stavolta sono io ad azionare due racchette e l’effetto è di nuovo vincente; i colombacci ci girano davanti chiudono le ali ed in planata arrivano da destra, mi abbasso, li osservo, mentre franco fa tuonare il suo Extrema e li chiude uno dopo l’altro davanti a noi.

 

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È questo il nostro personale, intimo, gusto del vivere, la Natura; osservandone i colori del mattino, e annusando gli aromi, come quello penetrante dei girasoli o quello dolciastro delle stoppie di grano. La vista delle prede agognate appena cadute, il toccare le loro piume morbide ed il percepire il calore del loro corpo, crea in noi una delle più misteriose emozioni legate alla caccia. Si mescolano in questo frangente la naturale curiosità umana, indomita e forte, secolare nel nostro DNA, il sentire di aver spento quella vita, di una preda bellissima per un nostro vezzo, forse potendo ridare la vita con un alito nel suo becco aperto, ci vedrebbe farlo, lo avrei fatto molte volte nella mia vita. Poi però ritorna e predomina il gusto della caccia che mescola il senso del possesso della preda, con l’osservarne la bellezza, la perfezione la straordinaria superiorità della Natura su tutto, nel meditare sul quanto abbiamo fatto e su come poter onorare la prima Figlia di Dio per averle tolto qualche sua creatura, come farlo al meglio nel modo più alto e umano, perché nulla sia sprecato e oltraggiato.

Questo non è difficile, basterà semplicemente tornare Uomini, come lo si era agli albori, come eravamo avvezzi a vivere e rispettare il creato e tutto quanto più alto di noi fosse evidente pur se non del tutto comprensibile, basterà festeggiare con la nostra Famiglia ed Amici queste prede, facendone un cibo sopraffino non reperibile in altro modo, e trascorrere una serata insieme grazie a questi doni che sono il nostro mezzo originario di sostentazione fisica e spirituale, perché la caccia è soprattutto questo.

Gianluca Garolini

Gianluca lavora come esperto e consulente balistico contribuendo al continuo sviluppo di nuovi componenti e cartucce da caccia. Appassionato cacciatore con più di 30 anni d’esperienza è uno dei massimi esperti italiani nella ricarica per canna liscia e rigata. Grazie all’esperienza in questo campo è stato collaboratore di famose riviste dedicate alla caccia e alla ricarica.

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