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La magia della caccia di Natale

La famiglia poco prima del 20 di dicembre, come era solita fare ogni anno, partì per la casa di montagna, i genitori, con nonna e zia; poi sarebbe arrivato mio fratello, con la moglie ed il bambino piccolo, un kitz… giovane dell’anno.

Nella villa si era creata quella atmosfera, che adoro, che attendo per mesi e mesi e che nessuna certezza mi assicura che poi arrivi veramente… ora c’era. Calma e serenità assoluta, e solo io e il nonno.

Lui dopo un breve pranzo, si era seduto sul divano, al suo posto, davanti al grande camino della sala, con gli occhiali scorreva una vecchia rivista ormai frusta per il troppo uso fattone, e di tanto in tanto da sopra le lenti osservava fuori dalla grande finestra, quasi cercasse o aspettasse qualcosa.

Lo guardavo ed ormai potevo prevederlo, tra poco si sarebbe alzato e davanti alla finestra, avrebbe osservato il cielo plumbeo guardando in alto, quasi in verticale alla ricerca di un primo fiocco candido e leggero, silenzioso, poi sarebbe andato in cucina e riempita la sua tazza di tè con la fetta di limone se ne sarebbe tornato al suo posto al calduccio, dopo una vigorosa sfregata di mani, compiaciuto del bel fuoco e del profumo della legna che ardeva.

I vecchi saggi pellerossa, affermavano che dopo una certa età, l’ozio meditativo davanti ad un bel fuoco, sia una delle cose più piacevoli che la vita possa regalare in quella tarda stagione della propria esistenza.

 

caccia-alla-beccaccia-3

 

Lo guardavo, facendomi tra me e me domande, la cui possibile risposta non mi piaceva, perché lo amavo almeno come mio padre, forse non di più, ma il mio trasporto affettivo per lui era immenso e ricambiato fin da sempre, l’intesa che avevamo era perfetta; lui e non mio padre, mi aveva trasmesso quella passione e determinazione che avevo fortissima per una vita sana, a contatto con la Natura e tra gli animali, per il rispetto e mi aveva infuso anche quel senso spontaneo di riconoscenza, per chi ci aveva dato tutto questo.

Salutai il nonno dicendogli che volevo andare a cercare la beccaccia ai piedi del noce secolare in fondo al parco, volse lo sguardo, mi sorrise e mi disse che probabilmente l’avrei trovata, mi guardò e come in una concessione, che poi lo era davvero, mi disse di prendere dalla fuciliera il suo Beretta A300 e di montarvi la canna da Skeet.

Feci come mi aveva detto.

Tolto tappo e asta, rimossi la canna lunga e strozzata per la lepre e vi montai la “Special Skeet”; imbracciai il vecchio automatico Beretta del nonno, mi veniva perfettamente; da una scatola nello stipetto sotto ai fucili presi un pugno delle sue munizioni da beccaccia preferite, erano cartucce recenti e bellissime; il tubo trasparente vitreo, lasciava intravedere una borra di feltro rosa e sopra ad essa i pallini n. 8,5 nichelati, il bossolo speciale del tipo usato dalla casa bolognese, col fondello non tradizionale, aveva questa parte metallica cromata a lucido, la stampa era rossa e la cartuccia mandava ovunque bagliori e riflessi… bellissima, il nonno definiva queste cartucce “belle come caramelle”, le osservai un attimo e le misi in tasca della giacca di fustagno marrone della Belfe.

 

giacca-da-caccia-1

 

Mi presentai in sala e fischiai a Lilla, che si alzò e mi corse incontro, ma anche la giovane spinona del nonno, si alzò; il nonno mi stava squadrando in silenzio, compiaciuto mi disse perentorio di portarle entrambe; era evidente come stesse gustando quel momento come lo dovesse vivere lui. 

Il giro solito lo percorsi in meno di quanto ci mettevo di solito, i due cani correvano molto, troppo, e Lilla era forzata nel suo incedere dalla presenza della spinona, che non cercava come un continentale ma come un inglese.

Sulla sponda dello stagno, avvicinandomi al grande noce i cani iniziarono a stringere, non potevo crederci… c’era anche stavolta! 

Cartucce da caccia per beccaccia Baschieri & Pellagri

Le due femmine finirono in una ferma e consenso meravigliosi a vedersi… poi la regina partì e tutto seguì il copione… Lidia, perché ora chiamavo le beccacce con nomi propri di donna, come Pieroni, fece la sua brava parte e senza protestare cadde secca tra la vegetazione della rada macchia, da dove la spinona me la portò, sotto il controllo appena contrariato di Lilla, che mal accettava questa amica che faceva la parte dell’intrusa.

Rientrai nella grande sala, con la Regina in mano, il nonno sorrise, era felice, lo si leggeva negli occhi, ribadì che sapeva che l’avrei trovata e che aveva sentito lo sparo; accarezzò i due cani e mi raccomandò di dare una sommaria pulita al Beretta, prima di riporlo; ne approfittai per chiedergli se potevo lasciare montata quella canna generosa, perché lo avrei voluto portare con me in montagna nei prossimi giorni… rise e annuì.

Il lunedì mattina, stavo facendo i preparativi, ordinando le mie cose sul tavolone della sala, infilai nella busta di cuoio il Beretta A300, verificai di aver messo tutto nello zaino, presi ancora una manciata di quelle cartucce, si chiamavano Mygra Beccaccia, questo era quanto riportava la scatola e la serigrafia su ogni bossolo, quindi diedi un ultima occhiata alla mia valigia.

 

cartuccia-mygra-beccaccia

 

Solo ora notai che sul divano c’erano altri due zaini.

Guardai il nonno con un tuffo al cuore, lui sorridendo, mi disse che sarebbe venuto anche lui e che aveva voglia di trascorrere qualche giorno tutti insieme in quella bella casa sui monti, dalla quale mancava da tanto tempo… così aveva deciso di salire con me e restare con noi, non aprii bocca. Disse che saremmo andati col suo Land Rover Discovery, che era più sicuro in caso di neve.

Durante il viaggio la neve iniziò a cadere sottile e rada, era piuttosto freddo ed essa attaccò subito sull’asfalto, ora pensai, era necessaria più attenzione sui tornanti, ma sentivo molto stabile il vecchio Rover, che il nonno aveva voluto adoperassimo per il viaggio, nonostante il nevischio, pareva girasse sui binari.

Guidavo e parlavo al nonno, seduto al mio fianco, si discuteva di tutto, politica, economia, salute, tasse, caccia e armi.

La nevicata aumentava di intensità, ora i fiocchi trafiggevano il fascio di luce dei fari come tanti piccoli meteoriti bianchi, la pesante e stabile fuoristrada inglese filava liscia senza indecisioni sul tappeto di neve fresca.

Arrivammo a sera già inoltrata, oltre le previsioni, ma del resto, non era stato possibile fare prima, per la neve. Scaricai la macchina e accompagnai il mio vecchio in casa, il nonno a dispetto dei suoi tanti anni, era ancora un uomo discretamente vigoroso e la sua mente lucidissima, lo avevo visto poco prima, nelle sue pacate ma precise considerazioni su politica ed economia; io ne ero intimamente molto fiero. 

La mamma ci servì due scodelle di eccellente zuppa di verdure fumante, che vuotammo intingendoci alcune strisce di pane abbrustolito, la minestra calda ci saziò subito, perché avevamo una certa fame e mise a posto lo stomaco.

Rimasi alzato a sistemare le mie cose e preparai il fucile e la cartuccera per fare un giro a beccacce al mattino, quindi scesi in sala dove il nonno era come al solito al cospetto del fuoco che bruciava tra gli alari, la sua passione per la fiamma ardente e vivace, per l’odore ed i crepitii della legna che arde, erano degni di una Vestale.

 

giacca-da-caccia-beccaccia-beffe

 

Mentre preparavo due tazze di un aromatico infuso, il nonno mi raccomandò di mettere in tasca un paio di cartucce a palla, ma oltre a dimenticarmi in realtà non capii subito quel suggerimento, intuii cosa significasse dopo, quando era troppo tardi.

Nella zona i lupi, già presenti da anni, ora a detta di tutti erano diventati tanti, gli avvistamenti frequenti censivano un numero alto di esemplari in zona, alcuni già imbrancati; il peggio era che stavano perdendo quel timore verso l’uomo, quel freno inibitore che non di rado salva loro la vita e risparmia gli animali da cortile… ed i cani.  

La mattina appena partito sul fianco poco innevato del bosco, in freddo si fece sentire, il tempo passò in fretta, incontrai subito una beccaccia che mi frullò totalmente coperta senza darmi modo di sparare, poi avanti in una zona di bosco ceduo una seconda regina, cadde dopo un capolavoro di di Lilla, quella regina, la chiamai Carla, come la più famosa delle beccacce del Grande Pieroni.

 

beccaccia-nel-bosco

Allargai il giro ad una grande buca a nord ovest del crinale sul confine tra province, zona da decenni nota per essere “da beccacce” e infatti ne trovai un'altra… con questa, Franca, decisi che si poteva rientrare, ero soddisfatto.

Mi fermai a bere dalla borraccia e chiamai Lilla, che stava cercando nel bosco davanti a me, vedevo la macchia chiara tessere quei polloni rinati dopo il taglio del bosco ed ormai diventati grossi, ma Lilla si era fatta strana e agitata, si voltava spesso a cercarmi, sentiva qualcosa che la turbava, ne era intimorita; la chiamavo ma anziché tornare tesseva a zig zag quel bosco con lacets improbabili ed estranei alla sua tipologia di cerca.

Accelerai il passo, per avvicinarmi, osservandola di continuo, ero turbato dal pensiero dei lupi, e solo ora capivo perché il nonno mi avesse detto di mettere due palle in tasca, le avessi avute, l’avrei fatto.

Avanzavamo rapidamente verso casa, ormai era già in vista, quando sul crinale li vidi, fermi erti ed attenti, i due grossi canidi ci ascoltavano e guardavano, io accelerai  anche loro si mossero di passo veloce. Chiamai Lilla, che si avvicinò un poco per poi ripartire correndo ormai spaventata in direzione della nostra casa, forse sperando in un aiuto che non poteva arrivare.

Ero molto preoccupato, urlavo a squarciagola alla mia Lilla di tornare, mentre mi stavo avvicinando alla casa, fu un attimo i due lupi stavolta partirono attaccando la mia bretoncina da due lati, urlando sparai tutti i tre colpi in alto nella loro direzione, senza ottenere alcun risultato, stavo assistendo impotente all’attacco dei due predatori alla mia cagnolina, giunti a 10/12 metri dal mio cane, si erano fermati e studiavano l’attacco finale a testa bassa dondolando il capo, Lilla era terrorizzata; correndo verso di loro stavo ricaricando il fucile, pur conscio che per la distanza quei pallini da poco più di due millimetri non avrebbero risolto nulla.

La mia cagnolina si era portata nella zona retrostante la nostra, casa ora si trovava a non più di 60/70 metri, io a 150; pregavo scongiuravo che qualcuno aprisse una porta, una finestra.

 

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Vidi un lupo partire con quello scatto tipico dei predatori; nel mio urlo lo seguivo nell’avvicinarsi alla mia cagnolina , si fermò ancora un attimo forse per decidere dove attaccare e come azzannare, si fermò un istante solo ed in quel momento avvertii un detonazione forte quanto secca.

Il lupo barcollò e cadde; era rotolato tra le foglie del bosco, morto, che accadeva? Il colpo era venuto dalle mie spalle quindi mi voltai giusto in tempo per vedere il nonno in piedi sulla terrazza verandata, con una carabina imbracciata, lo guardai riarmare, lo fece così rapidamente azionando quell’otturatore girevole scorrevole, come non avevo mai visto fare, neppure nei film.  Una seconda detonazione e anche l’altro lupo, fulminato cadde tra le foglie secche. Fu un attimo e finalmente Lilla mi raggiunse e volò addosso.

Entrai in casa ancora provato dalla forte paura, dal terrore provato di perdere la mia adorata amica a quattro zampe.

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Il nonno era in poltrona accanto al fuoco, sorseggiava il tè fumante, mi guardò e mi disse che aveva udito la mia voce, poi le grida e che non c’era voluto molto per prevedere e capire cosa stesse accadendo, non aveva perso neppure un istante, aperta la fuciliera della casa di montagna, in camera sua, ne aveva tolto e caricato la sua vecchia Mod. 70 cal.308 Winchester, uno dei suoi acquisti di gioventù, quindi era arrivato giusto in tempo sulla scena finale dell’attacco dei due predoni… appena in tempo, ed aveva provveduto.

Con la bretella avvolta sull’avambraccio l’arma era stabile anche senza appoggio, il reticolo Duplex del vecchio variabile Leupold, regolato sui minori ingrandimenti, aveva trovato il torace del lupo più vicino alla cagnolina, proprio mentre stava per attaccare, senza interruzioni, la punta dell’indice, con una modesta pressione, aveva fatto partire il colpo, poi subito, la spontanea pur se antica gestualità di riarmo acquisita nella caccia ai camosci, non era stata perduta, neppure dopo alcuni decenni; non era neppure troppo arrugginita, infatti aveva ricaricato la carabina senza toglierla dalla spalla, in un solo attimo. Il bossolo espulso doveva  ancora toccare il suolo che l’arma era di nuovo collimata, ora sul secondo predone che cercava di capire cosa accadesse; il secondo sparo aveva chiuso i conti con i due assassini.

 

carabina da caccia

 

Ora, osservavo la carabina sul divano, guardai il nonno che annuì e la presi in mano. L’otturatore era aperto era evidente come fosse priva di cartucce nel serbatoio.

Una bella arma pur se datata, leggera e ben bilanciata, i legni tirati a vernice semilucida, un inconfondibile stile americano di mezzo secolo prima; anche l’ottica, un vecchio Leupold 3.5-10x42 aveva la stessa età.

Il nonno si alzò e mentre cercavo di posarla me la prese dalle mani, la imbracciò un paio di volte, mentre mi diceva di aver abbattuto, con quella, il suo primo camoscio 50 anni prima, era fiero di quel fucile, lo guardava girandolo tra le mani, poi me la ridiede dicendomi di provare lo scatto.

Chiusi l’otturatore sulla camera vuota e puntando nel bosco dalla finestra chiusa con una leggera trazione della punta dell’indice feci scattare il grilletto, un rumore secco e deciso, uno scatto potente del lungo percussore appena sganciato. Quello scatto lo aveva preparato lui, molti anni prima, era leggero, pulito, prevedibile… il nonno era sempre stato bravo con le armi, ora mi guardava, era compiaciuto della mia attenzione ed io lo ricambiavo facendogli capire quanto fossi interessato ed affascinato dalla sua carabina, ma soprattutto quanto il mio affetto per lui fosse grande, diretto e spontaneo.

Quel nonno amatissimo, stagionato dagli anni, ma attivo e lucido, mi aveva salvato da una situazione drammatica in cui mi ero trovato solo grazie alla mia disattenzione e per non averlo ascoltato… ora adagiata la carabina sul tavolo mentre lui passava la bacchetta Dewey con una pezzuola impregnata di solvente in canna mi spiegava cosa stesse facendo e come farlo nel modo giusto, con quali prodotti passati in sequenza su scovolo e pezzuole.

 

 

Io lo osservavo attentamente, seguivo ogni gesto e mi rendevo conto che ogni passaggio che seguiva era meditato nei minimi particolari, eseguito con passione e precisione, amavo quel padre di mio padre, ne ero molto fiero; un attacco di forte emozione mi arrivò dal cuore alla testa, vi voltai mentre mi si stava rigando il viso, pensai a quei suoi cromosomi che mi aveva trasmesso dandomi in parte il suo modo di pensare, di sentire… ne ero molto orgoglioso, e glielo dissi. Un bellissimo Natale era di nuovo, appena iniziato, con lui e la nostra bella Famiglia.

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Gianluca Garolini

Gianluca lavora come esperto e consulente balistico contribuendo al continuo sviluppo di nuovi componenti e cartucce da caccia. Appassionato cacciatore con più di 30 anni d’esperienza è uno dei massimi esperti italiani nella ricarica per canna liscia e rigata. Grazie all’esperienza in questo campo è stato collaboratore di famose riviste dedicate alla caccia e alla ricarica.

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