Se il fucile è lo strumento per eccellenza del cacciatore dell’era moderna, la canna risulta essere tra le sue parti più importanti e distintive.
Trattando di fucili con canne ad anima liscia, che si tratti di calibro 12,16,20,24,28,32 o 36/410, doppietta con cani interni od esterni, sovrapposto o semi auto, quello che conta è che l’arma debba essere corredata da una canna che ci consenta di praticare con efficacia e sicurezza la nostra attività.
Tipologie di canne per fucili a canna liscia, da dove iniziare
Quando si parla di lunghezza delle canne, diametri, demi o monoblock, si entra in un mondo molto tecnico che non sempre è di facile discernimento per chi si avvicina al mondo della caccia.
Quindi, se non si hanno a monte conoscenze tecniche adeguate, spesso si rischia di acquistare un fucile con tipologia di canne inadeguate rispetto al tipo di caccia che andremo a praticare.
L’adattamento successivo, o meglio, la capacità di trovare la giusta canna e il giusto fucile per le nostre esigenze viene determinata dalla possibilità (anche economica) che il cacciatore possiede nel poter cambiare fucile o canne qualora non si trovasse bene con quanto acquistato.
Le conoscenze in questo campo sono infatti, troppo spesso, legate a esperienze personali e a personalissime impostazioni nel modo di sparare.
Io, ad esempio, sono stato abituato a sparare con canne lunghe, 70 cm almeno, perché mio padre praticava perfino la caccia al coniglio con questo tipo di fucile, arrivando ad utilizzare anche un sovrapposto da tiro al piattello XPRO della Marocchi con strozzature **/*.
Il fatto che lui riuscisse a mandare a segno il colpo, non vuol dire però che quella fosse la regola o la soluzione giusta per quel tipo di attività venatoria.
Perciò, i consigli dei più anziani sono sempre validi, la fiducia nell’armiere è sempre ben riposta, ma dare una sbirciata al mondo oggettivo e tecnico di cosa è la canna del fucile non è mai sbagliato.
La ricerca del fucile e delle canne ideali
Il miglioramento delle condizioni economiche negli anni ’70 ed ‘80 ci ha consentito di possedere più di un fucile ed oggi la tecnologia ci è venuta incontro fornendoci canne dotate di prolunghe e strozzatori così che di un fucile ne possiamo avere tre, quattro o anche più, versioni.
Con buona pace di tutti sembra allora che trovare il fucile giusto per le proprie esigenze sia diventato compito facile, il dilemma allora dove potrebbe stare?
Sta proprio in questo, nel raffronto tra una canna “commerciale” di media lunghezza che grazie agli accorgimenti di prolunghe, strozzatori interni e in/out, diviene generica o, per meglio dire, adattabile ai diversi tipi di caccia che si praticano senza bisogno di cambiare fucile; di contro abbiamo lunghezza canna e strozzature fisse che nascono dall’accurata lavorazione dei maestri “cannonieri” e grazie alle quali la dose di piombo procede ricevendo una progressiva guida fino all’uscita della canna dove si trova la variazione che influenzerà la rosata.
Incide questa differenza nel rendimento della canna e delle rosate?
Su questo punto si concentra un’aperta diatriba tra puristi e generici.
Non vi è dubbio che caratteristiche relative a foratura, profili interni, strozzatura, qualità dell’acciaio e lunghezza delle canne incidono sulle prestazioni delle polveri da sparo e sul risultato finale.
Si tratta di un discorso delicato all’interno del quale non si può propendere per l’una o per l’altra parte, pertanto lo si affronterà semplicemente cercando di spiegare le diverse lavorazioni di una canna da caccia, lasciando la scelta al gusto del cacciatore.
Menzione a parte merita il mondo della canna rigata il cui utilizzo implica di per sé, un minimo di conoscenza tecnica di base, rispetto all’uso della canna liscia.
Com’è fatta la canna liscia del fucile da caccia
L’acciaio bi-legato o tri-legato al cromo-molibdeno-nichel è oggi la base per creare la moderna canna del fucile da caccia, che, per essere usata con le nuove cartucce, deve essere molto più resistente.
Ogni costruttore serio, poi, possiede la propria ricetta relativa alla percentuale di composizione della lega che commissionerà all’industria siderurgica e che si differenzierà a seconda del fucile che si deve costruire e della canna che deve montare.
Le barre così ottenute verranno poi ulteriormente lavorate all’interno dell’officina armiera che consiste in qualcosa di più di un semplice locale con un tavolo da lavoro e un trapano per la foratura.
La lavorazione del tubo è il segreto che conferisce qualità a tutta l’arma.La canna può essere realizzata tramite due principali sistemi:
- La foratura ed alesatura, con lappatura finale
- La rotoforgiatura di un manicotto su una spina negativa.
In entrambi i casi otterremo come risultato finale il “tubo” in cui verrà esplosa la cartuccia.
La differenza tra una normale canna di fucile, una buona canna pur se commerciale e un ottimo prodotto rifinito a mano risiede in questa fase e nella sua precisione e finezza di realizzazione.
La composizione della lega, infatti, influenzerà il rendimento della canna in termini di dilatazione ed elasticità (la capacità della struttura di rispondere alle sollecitazioni derivate dalla pressione interna e di ritornare allo stato iniziale) e indirettamente il risultato della rosata.
La lavorazione della barra grezza per la foratura, parte dalla realizzazione del lungo foro che crea l’anima di canna. Si continua la lavorazione con speciali foratrici con punte a cannone e getto d’olio per l’espulsione dei trucioli. Segue una o più alesature che portano l’anima al valore ideale stabilito dal produttore e creano al grezzo il cono di strozzatura.
La canna viene finita con la realizzazione della camera di cartuccia e del suo cono di raccordo. Si prosegue con la lappatura finale: prima con lappatori a sabbia o pietra e poi tramite speciali “scovoli” a palline di silicio che la lucidano a specchio.
Terminato questo processo, segue la cromatura interna della canna montata sul manicotto o sulla codetta per proteggere l’anima da corrosione, erosione e graffiature.
Nel metodo di rotomartellatura su spina, si parte da un manicotto forato e ben più corto del tubo che ci si aspetta. Il pezzo entra nella rotomartellatrice che, tramite percussioni radiali ripetute, crea il tubo per plasmatura ed allungamento del metallo, realizzando in un unico passaggio anche i profili interni, che avranno così assialità perfetta.
La rotoforgiatura lascia sul tubo tensioni del metallo che sono poi tolte a tubo ultimato in forno coi processi di ridistensione dell’acciaio. Anche in questo caso avviene una lappatura a specchio finale.
La lucidatura è molto importante perché è quella che consente di ottenere un minore attrito nella fase di espulsione della borra e dei pallini e ben si comprende che minore sarà l’attrito migliore il risultato. Penultima fase la legatura della bindella che deve essere “legata” alla canna in modo da non alterarne le caratteristiche di elasticità, nel senso che i punti di saldatura non devono imbrigliare la canna. Si passa infine alla pulitura delle superfici ed alla brunitura.
L’importanza della lunghezza della canna da caccia
Al grande Greener che raccomandava canne lunghe almeno 68 cm, a Churchill che sosteneva che una canna da 25” /63,5 cm. dava già una balistica perfetta, fece eco cento anni dopo l’italiano Bottura che raccomandava canne di almeno 70 cm.
Negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, possedere anche un solo fucile era un lusso e la caccia rappresentava non soltanto una passione ma un modo per colmare le lacune alimentari della scarsa dieta, a cui erano sottoposte le famiglie meno abbienti di montagna o di pianura.
Queste, grazie alla caccia potevano integrare l’alimentazione con proteine animali.
Ricca era la famiglia che si poteva permettere lo “schioppo” che, spesso in bella vista sul camino, veniva selezionato con canne adeguate al tipo di selvaggina che si doveva cacciare.
Così trovavamo doppiette, per lo più, con canne da 62 cm per chi praticava la caccia al coniglio, canne da 67 o 70 per chi praticava la caccia alla stanziale, canne ancora più lunghe oltre i 70 cm per chi si dedicava alla caccia agli anatidi e alla palustre in generale.
Il ragionamento era ed è semplice, per tutte quelle cacce in cui serve una certa velocità nell’imbracciare e sparare ci vogliono canne corte, per quelle dove è possibile e necessario mirare e seguire il selvatico in volo vanno bene le canne lunghe.
La canna corta dà un puntamento velocissimo ma non molto preciso, che tuttavia basta e avanza per tiri corti entro i 25 metri.
Le canne da 76 o più lunghe creano una collimazione molto precisa col bersaglio, necessaria se si spara a grandi distanze, questo effetto ha portato a creare canne magnum di 81 e 86 cm e canne per i fucili per lo Sporting Itinerante da 80 cm, necessarie per centrare piattelli trasversali a 50/55 metri.
In riferimento al periodo, inoltre, è bene ricordare che le munizioni non possedevano borre contenitore, ma erano tutte con feltro, pertanto la compattezza della rosata e la gittata la determinavano la polvere impiegata e la canna
Tecnicamente parlando, la lunghezza delle canne, anche in base alla tipologia di propellente usato, influenza parzialmente due parametri che nella caccia sono molto importanti, la velocità e la dispersione.
È ormai risaputo che la velocità del proiettile a 10 metri dell’uscita della canna (il famoso V10) soprattutto con polveri progressive aumenta proporzionalmente alla lunghezza della canna, si parla di 7m/s ogni 10 cm in più di lunghezza.
Ripeto, inoltre, senza timore di essere smentito, che molto dipende dal tipo di polvere che si utilizza, infatti una a lenta combustione darà risultati ottimali con canne più lunghe.
Ed è per questo, ad esempio, che nella caccia alle anatre in palude o ai colombacci ai valichi, si usano canne lunghe, perché per raggiungere qualche metro in più e per sparare grossi quantitativi di piombo si prediligono cariche con polveri progressive che trovano, al riparo della lunga corsa che offre la canna, possibilità di esprimere al meglio la loro potenzialità.
Viceversa, a parità di strozzatura, utilizzando cariche medie o leggere di piombo, la differenza di lunghezza si ritiene trascurabile.
Riguardo al fenomeno della dispersione, questo diminuisce all’aumentare della lunghezza e viceversa aumenta al diminuire della stessa, per un fattore legato soprattutto al soffio di bocca. Dati sensibili in relazione a tale elemento però, si registrano quando mettiamo a confronto situazioni estreme cioè canne da 62 cm o da 90.
Mentre differenze di poco conto si riscontrano mettendo a confronto canne da 67 e da 70 o 71 cm.
Le canne lunghe, inoltre, aiutano di più nei tiri mirati mentre perdono qualcosa nella maneggevolezza, nel tiro di stoccata e nel brandeggio.
L’importanza della dimensione di foratura
Con foratura indichiamo la sezione interna della canna nel tratto intermedio, quindi fuori dalla camera di cartuccia e prima del cono di strozzatura. La quota prevista per questo tratto è normata dalla CIP (Commissione Internazionale Permanente) e prevede nel cal. Un valore minimo di 18,2 mm. + 0,7 mm. Di fatto le canne moderne possono avere una quota di foratura compresa tra 18,2 e 18,9 mm, tipico delle canne definite sovralesate o overbored.
Questa quota in base ai produttori può presentare delle variazioni che si possono misurare nell’ordine di 1/10 di mm, traducendosi nella pratica in differenze di pressione massima e di velocità.
Ultimamente si tende a creare canne con anima “larga”: le overbored. Oramai quasi ogni produttore ha fatto suo questo concetto. Non è certo innovativo essendo stato ampiamente esplorato dagli inglesi ad inizio dello scorso secolo, ma se allora le borre in feltro mostravano evidenti problemi di tenuta (si usavano borre cal. 11 3/4) oggi le borre con tenute in plastica lo hanno fortemente riproposto ed in ambito di produzioni commerciali, troviamo spesso quote delle forature da 18.6 a 18.9.
Così facendo la foratura delle canne da caccia diventa molto simile a quelle da tiro al volo, il risultato a caccia, a volte non è dei migliori.
Perché se è vero che si possono raggiungere distanze maggiori di tiro è vero anche che si elimina dallo sciame della rosata la coda e si corre il rischio di ottenere delle canne” fredde”, in grado di rompere un piattello ma di non abbattere un selvatico pur colpito.
La strozzatura (choke) e il mobil-choke
Analizziamo adesso un tema “caldo” nella scelta delle canne da caccia, quello relativo alla differenza tra strozzatura e lunghezza fissa o utilizzo di strozzatori mobili e prolunghe.
Premesso che tra le caratteristiche che fanno di un fucile un buon fucile da caccia, vi è quella di permettere tiri a distanze elevate, si ritiene che questa capacità sia legata alla struttura del “vivo di volata” delle canne.
Tale aspetto che a noi moderni sembra scontato, non era così fino ai primi dell’800 quando le canne, nonostante la considerevole lunghezza, non presentavano alcuna differenza essendo praticamente cilindriche.
Negli States prima e con Greener dall’Inghilterra a tutta l’Europa subito dopo, viene brevettata la “choke” o strozzatura della canna: tramite un restringimento terminale dell’anima di canna, consentiva di aumentare il numero dei pallini presenti in rosata e contati in un cerchio di 75 cm di diametro a 36 mt. La strozzatura di sicuro ne diminuiva la dispersione e ciò consentì anche di ridurre la lunghezza delle canne.
Da quel momento in poi l’evoluzione è stata repentina e ha visto l’utilizzo di diverse forme di strozzatura. Queste sono influenzate dallo spessore della canna, dal tipo di acciaio e dall’elasticità.
La strozzatura fissa inizia a circa 5/10 cm dal vivo di volata e spesso ma non sempre termina con un tratto cilindrico compreso tra 2 e 3 cm. detto “bocchetto”.
Il raccordo tra anima della canna e bocca può avere diverse forme: tronco conico retto e parabolico, ma negli anni ce ne sono state altre forme, come quella “ad anelli” che prevedeva una serie di strozzature multiple interne alla canna.
I tecnici hanno spesso teorie diverse o contrastanti, secondo alcuni, i migliori tipi di raccordi, quelli che conferiscono alla canna la caratteristica di offrire una ottima balistica ed essere una buona canna da caccia, sono i raccordi corti e con forte angolazione perché favoriscono il ricompattamento dello sciame di pallini poco prima dell’espulsione. Però, se il raccordo risulta essere troppo corto, inferiore ai 2 cm, da varie prove è emerso un risultato negativo in quanto si tendono a creare gruppi di pallini.
Secondo altri, i coni di strozzatura lunghi e progressivi arroccano meglio i pallini senza deformarli, fornendo rosate migliori.
Questa tendenza è stata recepita da quasi tutti i produttori, per applicarla all’uso dei pallini in ferro, tungsteno e loro leghe e mescole. Le strozzature si sono notevolmente allungate nel loro tratto, per favorire l’uso di pallini “duri”. Tali coni non di rado portano ottime rosate anche col piombo.
Come anticipato precedentemente, la presenza sul mercato di munizioni con borra contenitore ha ridotto notevolmente la validità della strozzatura; ma la tendenza degli ultimi anni di sparare cartucce con pochi grammi di piombo che quindi tendono a diradarsi e che necessitano di buone strozzature per mantenerne la densità, e l’aumento dell’utilizzo di piccoli calibri che presentano munizioni con pochi grammi di piombo, ha fatto tornare in vista l’importanza della strozzatura per le canne da caccia.
Per chi pratica diversi tipi di caccia nell’arco dell’annata venatoria, ma anche nella stessa giornata di caccia, la tecnologia e l’evoluzione della tecnica armiera hanno messo a disposizione gli strozzatori mobili e le prolunghe.
In questo modo se la mattina ho deciso di andare a caccia di conigli e di pomeriggio di fare il rientro a colombacci, utilizzerò una canna da 65 con strozzatura **** di mattina e un mobil-choke in-out da 5cm **, ad esempio, per il pomeriggio.
Questo tipo di soluzione ha svuotato l’armadietto di molti cacciatori dando la possibilità di avere in unico fucile diverse opzioni. Non per ultimo ricordiamo gli strozzatori rigati che agevolano l’impiego di palle per la caccia al cinghiale oppure la dispersione dei pallini nei tiri cortissimi nel bosco.
Oggi l’evoluzione continua con la nascita di strozzatori ported. Questi sono veri e propri freni di bocca che fuoriescono alcuni centimetri dal vivo di volata e hanno vari fori di sfiato laterale che servono per eliminare il “soffio di bocca”.
Questo è generato dai gas della combustione che fuoriescono dalla canna insieme a borra e pallini con una notevole forza e pressione. In taluni casi possono raggiungere la base della colonna dei pallini e scompigliarli disordinatamente, rovinando la qualità delle rosate.
Eliminato il soffio del gas si ottiene anche meno rinculo e un tiro migliore.
Menzione a parte merita il “paradox” che è un tratto terminale di canna rigato, proposto dagli inglesi oltre un secolo fa e oggi riproposto per stabilizzare le palle lisce e sotto calibrate, oppure utilizzato come dispersore per tiri entro i 20 metri.
Per concludere
Come anticipato precedentemente, all’inizio della mia carriera venatoria, mio padre mi aveva messo a disposizione fucili con canne lunghe e molto strozzate.
Dopo aver abbondantemente arato i terreni a suon di schioppettate e vista la difficoltà che incontravo specie nella caccia sulla breve e media distanza, tipo coniglio, quaglia e beccaccia, si persuase che sarebbe stato meglio che mi fossi scelto un altro fucile più consono alle mie peculiarità.
Esclusa la doppietta Oxford Renato Gamba canna cm.70 ***/*, di suo esclusivo utilizzo, mi trovai messo davanti alla difficile scelta di trovare il fucile giusto per le mie esigenze.
Dopo aver ascoltato tutti i consigli di tutti i “vecchi” cacciatori del paese, quelli che i tordi li “accendevano in aria” e i conigli li fulminavano “secchi una pezza” per intenderci, e che solevano riunirsi nella sala d’attesa del barbiere anche lui cacciatore, la mia scelta, alla fine, era ricaduta su un semi auto beretta 1200f calibro 12, uno dei primi in polimero, con canna 65 cm predisposta per gli strozzatori.
Ma arrivò il veto di mio padre, che odiava gli strozzatori e mi convinse con l’aiuto di mio padrino, a optare per una canna 65 cm *** fissa: “Questa canna è tutta caccia e poi ti aggiusti con le cartucce…”
Effettivamente si rivelò un’ottima canna soprattutto nei tiri a media distanza, consentendomi anche qualche tiro lungo con le opportune munizioni, specie su selvaggina “tenera” come tortore, tordi, quaglie ma anche beccacce.
Le note dolenti arrivarono quando decisi di andare a colombacci sopra i costoni della cava (canyon o depressione tipica del territorio ibleo) e ad anatre. La canna corta e quel tipo di strozzatura non mi agevolavano più nei confronti di selvatici che viaggiavano alti e molto più resistenti al piombo, nonostante le munizioni fossero proporzionate a selvatico e distanze.
Optai allora per l’acquisto di una canna Benelli, compatibile col fucile che avevo, da 71 cm *.
La situazione migliorò non poco, non solo per la distanza che raggiungevo ma anche per la forza di penetrazione del piombo. L’aspetto fastidioso era quello di cambiare canna ogni volta che decidevo di cambiare tipo di caccia.
In merito a tutta questa situazione dell’utilizzo delle due canne, la mia considerazione tecnica e personale fu che pur utilizzando munizioni moderne, anche long range con grammature di piombo importanti, la breve corsa che borra e piombo facevano all’interno della canna corta non consentiva di esprimere alla munizione tutto il suo potenziale. Cosa ben diversa accadeva invece quando utilizzavo la canna lunga. Utilizzando munizioni leggere da 28/30 grammi, mi accorsi che effettivamente la differenza tra le due canne non era poi così consistente.
Negli anni poi ho provato anche le mobil choke sia interne che in/out e devo dire che non posso parlarne male.
Ricordo che, grazie all’acquisto e all’utilizzo di uno strozzatore in/out da 10cm ** della ditta Gemini, salvai la stagione a tordi affrontata con un semi auto turco cal.28 che con la sua canna 65 e gli strozzatori interni in dotazione mi lasciava alquanto perplesso.
Adottando tale soluzione aumentai esponenzialmente il numero degli abbattimenti al primo colpo e riuscivo ad insidiare anche prede più grosse ingaggiandole a distanze maggiori.
Attualmente ritengo di aver trovato il mio equilibrio balistico/venatorio utilizzando il calibro 20 e il 28, seguendo questo tipo di soluzione, ****/** o ***/* mobil choke in calibro 20, ***/* strozzatura fissa in calibro 28, canne rigorosamente 71 cm.
Credits:
https://www.youtube.com/watch?v=UgrhqeY0bzw
Scrivi un commento